La testa, le gambe e i moduli. Il Como e gli incubi di Longo

Calcio Il mister alle prese con la gestione dei nodi trovati lungo il percorso. La stranezza di un assetto tattico nato per Fabregas, ma senza lo spagnolo

Ci tocca fare una premessa. La classifica della serie B è ancora cortissima, anche sul fondo, dunque sarebbe pazzesco usare termini da tragedia sportiva o, peggio, di storia già finita. Eppure la posizione del Como in classifica, la prestazione a Parma contro una squadra piena di giovani e con parecchi titolari indisponibili e la mancanza di una reazione vera (non è la prima volta) sono dati che preoccupano molto. Anche perché con il Venezia finiranno gli (inattesi) scontro diretti, e poi ci toccheranno Genoa, Bari, Reggina, Ternana eccetera. Auguri.

Al di là delle stucchevoli frasi di circostanza rese nelle conferenze (possibile che nella comunicazione del calcio moderno non si sì riesca più nemmeno a tematizzzare un problema?), se ci fidiamo di quello che Longo dice in privato, i problemi sono essenzialmente due. E il terzo ce lo aggiungiamo noi.

Fisico

Questo in realtà Longo lo ha detto pubblicamente. La squadra è giù fisicamente. Di chi sia la colpa, non si sa. Difficile da dire. E poi di solito un ritiro estivo dura tre settimane, Longo è qui da cinque: perché la situazione non si sblocca? Longo ha trovato una squadra che non corre. Punto. Tanto che qualcuno pensa che il vero Como si vedrà dopo la sosta. L’ultima sferzata verrà data durante la pausa. Poi, o si corre, o a gennaio sarà rivoluzione.

Testa

Di questo Longo non ha parlato, ma è la sua preoccupazione più grande. Al suo arrivo non avrebbe trovato una squadra, ma tanti pezzi di un puzzle ancora da assemblare. Il motivo è certo, perché il male è stato individuato: le quattro settimane passate senza un allenatore titolare in panchina hanno creato danni importanti. La coesione che vedevamo lo scorso anno, anche a fronte a volte di prestazioni non così brillanti, è un lontano ricordo. La frattura tra vecchi e nuovi è un facile ritornello cui non si sa se credere o no. Forse un luogo comune.

Ma certo i dati sono tre: 1. la mancanza di reazione che questa squadra denota quando va sotto. Quel sacro fuoco che ci si aspettava a Cosenza, a Modena e anche a Parma non c’è stata. Qualcosina si è visto in casa, ma alzi la mano chi ha pensato, dopo Perugia e Benevento che il Como fosse guarito. 2. La rabbia e la ferocia chieste da Longo in conferenza, non si sono viste. Meno che mai a Parma dove si è andati avanti ancora al piccolo trotto. Quello sulla testa sarà un lavoro importante, e il mister in questo pare che sia bravo, almeno a giudicare le passate esperienze; 3. I gol subiti su corner, che sembrano un fatto di concentrazione.

Moduli

Il terzo tema non lo ha sollevato Longo, ma lo suggeriamo noi. Perché una squadra inizialmente costruita per il 4-4-2, e modificata per l’arrivo di Fabregas, adesso continua a giocare 4-3-1-2 anche senza Fabregas, con il risultato di dover mettere Chajia o Blanco dietro le punte, ruolo dove (per carità) possono fare benino, ma non quanto giocando sugli esterni?

Certo, si dirà: anche nel mese maledetto si era andati avati con il 4-4-2 non cavando il ragno dal buco, però adesso c’è una applicazione diversa. Non cambiare a fronte delle difficoltà può anche apparire un simbolo di resa. Anche se, conveniamo con Longo, il modulo in questa situazione può essere l’ultimo dei problemi.

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