«Lady Essien? Ho solo dato dei consigli»

L’appuntamento Moggi ospite del Rotary cittadino: c’è stata anche la possibilità di parlare dei legami con Como: «Le schede telefoniche acquistate a Chiasso? Colpa dell’affare Stankovic, ero convinto che mi controllassero»

Alla cena del Rotary Como il titolo della serata faceva intuire il tema: “Il pallone lo porto io”. A parlare, di calcio e dintorni, il “quasi ex” uomo nero del calcio italiano: Luciano Moggi.

Perché quasi ex? Perché, come spesso succede in questo Paese, all’ondata di tiro al piccione, ora è di moda un revisionismo su tutta la vicenda Calciopoli, del quale una recente puntata di Report su Raitre è stata una summa interessante.

Comunque, Moggi è arrivato al Palace alle 19.30, con al fianco la giovane compagna Elena (avvocato), e l’aperitivo è stato accompagnato da qualche personaggio a sorpresa. Ad esempio, Ninni Corda e Federico Gentile, rispettivamente ex allenatore-dirigente ed ex giocatore del Como.

Corda e Moggi si conoscono dal 2005 e hanno un rapporto confidenziale, anche se si erano persi di vista negli ultimi anni. Lo juventinologo e rotariano Niki D’Angelo ne ha approfittato per ripassare la storia e noi, che eravamo lì, per stimolare Moggi su qualche argomento, pronti ad essere respinti con l’arma più potente del moggese, l’ironia, spesso declinata in gag comica.

Dunque gli abbiamo chiesto di Lady Essien, ad esempio. Si diceva ci fosse lui dietro l’operazione che aveva coinvolto la moglie del giocatore ghanese che aveva acquistato il Como, prima di dileguarsi lasciandolo in mezzo alla strada del fallimento: «Cosa penso di Lady Essien? Che forse era un po’ matta, perché di soldi ne ha tirati fuori parecchi per poi fare dietrofront e sparire».

Ok, ma qui c’erano personaggi riconducibili a Lucianone: il ds De Nicola e l’allenatore Iuliano. Un caso? «Io conoscevo il ragazzo (che poi sarebbe Essien, ndr), mi chiedeva consigli perché sua moglie voleva comprare una squadra di calcio. Quando mi ha chiesto se in Italia ci fossero persone valide per occupare dei ruoli tecnici, ho dato dei nomi, tutto qui».

Gli abbiamo chiesto di quella volta che Preziosi, a Juve-Como 2002, diede di matto quando lo vide a bordo campo. «Io? Non mi ricordo… Impossibile che si sia arrabbiato con me, eravamo amici… E poi vi dico una cosa: io potevo stare lì, il fatto è che Preziosi non conosceva i regolamenti…».

Ha raccontato aneddoti curiosi: «Una volta al Processo in tv, poco prima di andare in onda, Biscardi mi chiese se potevo andare in regia. Appena arrivato lì, cominciò la diretta e poco dopo squillò il telefono: risposi e sentii dall’altra parte Aldo che diceva “Sguuub, abbiamo Moggi in diretta dall’aeroporto di New York…” Che fenomeno».

Ha raccontato del suo contratto con l’Inter pronto per essere firmato: «Saltò perché Moratti fece un’operazione con Moriero dopo che mi aveva coinvolto, ma senza rispettare gli accordi. Eh no, gli dissi, se cominciamo così… E non firmai più».

Ha raccontato delle schede telefoniche acquistate a Chiasso, finite nell’inchiesta: «Sapete perché le comprai? Perché avevo quasi preso Stankovic, era tutto fatto, quando me lo ritrovai giocatore dell’Inter. Allora ero convinto che mi controllassero il telefono e volevo fare operazioni tutelate dalla privacy».

Per finire con il grande classico: «La Corte Europea dei diritti ha accettato il ricorso che abbiamo fatto io e Giraudo. E se l’hanno accettato, un motivo ci sarà. Io spero di essere riabilitato, per una battaglia di giustizia. Non sono il diavolo, gli impicci li facevano altri. L’unica dimensione logica della vicenda di Paparesta chiuso in bagno, del resto, è quella che circola in Brasile, dove la raccontano ancora oggi come una barzelletta. Io non ho mai chiuso nessuno da nessuna parte…».

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