Cantù, cervelli all’ombra
dell’inarrivabile Pierlo

Pierluigi Marzorati è l’uomo-simbolo per eccellenza in cabina di regia. Tra i top five in maglia brianzola vanno inseriti anche Tonino Frigerio, Alberto Rossini, Giorgio Cattini ed Eros Buratti.

Sul fatto che l’Oscar delle regia - sono stati presi in considerazione solo giocatori italiani (ma non passaportati né naturalizzati) e soltanto a partire dal 1968, l’anno in cui Cantù iniziò la stagione del raccolto conquistando il suo primo scudetto - debba essere attribuito a Pierluigi Marzorati non dovrebbero esserci dubbi. Il “Pierlo” raccoglierebbe infatti un ideale voto plebiscitario. L’immortale maglia 14 - classe 1952, 22 stagioni di fila nel club brianzolo contrassegnate da 14 trofei - ha del resto rappresentato l’intelligenza applicata alla pallacanestro. Anzi, al suo totale servizio. Un play che ragionava, che sapeva passare sapientemente la palla e che inoltre filava a cento all’ora. In più era alto 1,87, non proprio un nano soprattutto per l’epoca. Contropiedista per eccellenza, antesignano del coast to coast che chiudeva con plastici terzi tempi, viaggiava più veloce in palleggio degli altri che correvano senza palla. Rapidissimo negli spazi brevi, incrementava il ritmo partita sino a livelli per altri insostenibili. Insomma, il playmaker per antonomasia, simbolo della pallacanestro italiana nel ruolo.

Marzorati aveva raccolto il testimone della cabina di regia lasciato da Tonino Frigerio, classe 1940, il play del primo scudetto e indiscusso protagonista per gli interi Anni 60 nonché principale elemento di congiunzione tra la squadra e i tifosi. Uomo votato al sacrificio, nei suoi 11 campionati in Brianza si è dedicato soprattutto alla difesa, lasciando fossero i compagni a ritagliarsi gloria in attacco.

Contemporaneo di Marzorati, invece, Giorgio Cattini. E i due in effetti si completavano a vicenda. Il nativo di Novellara - classe 1956, 10 stagioni e 11 trofei a Cantù - veniva dirottato sulle piste dell’esterno avversario più pericoloso con il compito di marcarlo a dovere, evitando così al Pierlo di impazzire nella propria metà campo. Cattini, uno che non ha mai patito lo stress e sofferto la pressione di partite anche molto importanti, ha accettato il ruolo sapendosi ritagliare il proprio spazio.

Negli ultimi anni di carriera di Marzorati, al Pianella si stava imponendo un magrolino proveniente dalla Bergamasca, quell’Alberto Rossini - classe 1969 - che a Cantù avrebbe disputato 11 stagioni diventandone il capitano e l’emblema. Classico figlio della sua terra, ”Lupo” - così ribattezzato per il modo aggressivo di difendere - ha fatto progressi grazie a massicce dosi di lavoro, lavoro e ancora lavoro. Grande impegno negli allenamenti, disponibilità massima in partita nei confronti dei compagni. L’anticipo e la difesa senza palla le sue armi migliori.

Infine, nel quintetto dei miglior play, un posto viene riservato a Eros Buratti - classe 1971, otto stagioni in tre diversi step a Cantù - un talento allo stato puro, bersagliato però dagli infortuni che ne hanno compromesso la carriera ai più alti livelli. Il più attaccante di tutti coloro che abbiamo citato, sapeva far canestro in modi diversi.

© RIPRODUZIONE RISERVATA