Cantù, liberi sì
ma di non sbagliare

In particolare Johnson, Pecchia e Smith stanno viaggiando con altissime percentuali dalla lunetta. I due americani: «Il segreto? Costanza, concentrazione e tante ore extra in palestra. Senza pensare alla pressione».

La S.Bernardo in serie A non è tra le squadre più precise dalla lunetta (occupa l’11° posto su 16 con il 72.4%), eppure ha tra le proprie fila almeno quattro giocatori che con i tiri liberi sembrano davvero saperci fare. Se nel computo inseriamo anche i dati fatti registrare nelle sei partite di Supercoppa che hanno preceduto il campionato, la precisione di questo quartetto assume risvolti ancor più nitidi.Parliamo di Jaime Smith, Jazz Johnson, Andrea Pecchia e, in fondo, anche di Maarty Leunen.

Smith è colui che più frequentemente si presenta sulla linea della carità, essendo il giocatore che in assoluto subisce più falli in serie A (6.6 di media a gara): 43 i tiri a disposizione (38 dei quali trasformati) nelle sole 5 partite in cui è sceso in campo. Jaime, inoltre, è il 3° più preciso con l’88.4%, alle spalle di Spissu (24/25) di Sassari e di Harrison (51/56) di Brindisi.

Johnson è invece quello sin qui infallibile (12/12) anche se il numero di tiri è esiguo. Se a questo si aggiunge però il 13/14 in Supercoppa, ecco che ne esce un assai significativo 25/26. Discorso pressoché simile per Pecchia: 9/11 in campionato e 15/15 in Supercoppa a determinare un eccellente 24/26. In tale contesto occorre inserire Leunen, anche se le 16 conclusioni totali (13 le trasformazioni) sono francamente pochine.

Per approfondire l’argomento abbiamo chiamato direttamente in causa Smith e Johnson, rivolgendo a entrambi alcuni interrogativi.

La precisione ai tiri liberi la si allena, oppure è una dote naturale? Smith: «Penso che i miei buoni numeri ai liberi derivino dalla costanza con cui mi esercito e dalla concentrazione che cerco di tenere sempre durante una partita». Johnson: «Come sempre desidero ringraziare chi nota in me queste cose, mi riferisco a qualsiasi aspetto del gioco in cui io possa realmente essere d’aiuto alla mia squadra. La maggior parte della mia precisione deriva dalle ore extra che trascorro in palestra da solo, prima o dopo l’allenamento».

Nello specifico, che esercizi fate per migliorarvi sempre dalla lunetta? S.: «Di solito, dopo ogni allenamento, passo un po’ di tempo in più lavorando esclusivamente sui tiri liberi e immagino di dover tirare in diverse situazioni di gioco». J.: «Per rimanere focalizzato sull’obiettivo mi piace arrivare con largo anticipo prima di ogni allenamento o, in alternativa, mi concentro sul dopo: a fine allenamento mi esercito sempre con 100 tiri liberi. Ogni giorno passato in palestra, questa è una mia abitudine. Poi, ovviamente, c’è anche il lavoro dell’allenatore, sempre molto attento ad accertarsi dei nostri miglioramenti ai liberi; ci lascia tanto tempo per esercitarci, è un aspetto importante del gioco e lui questo lo sa»

Quanto conta la testa nell’avere una tale costanza di rendimento? S.: «La testa è molto importante. Penso che l’aspetto mentale sia più importante della capacità in sé di tirare i tiri liberi». J.: «I tiri liberi sono incredibilmente importanti, ribadisco. A volte la percentuale dalla lunetta di una o dell’altra squadra può decidere l’esito di una partita, quindi la differenza tra il vincere e il perdere una gara. Sono letteralmente punti “gratuiti” (si riferisce al termine in inglese “free throows”), quindi è importante capitalizzare durante tutto l’arco del match. Pertanto, è importante segnarne il più possibile».

Come si supera la tensione nel momento di tirare un libero decisivo per il punteggio nel finale di una partita? S.: «Come in tutte le cose devi solo fidarti di te stesso e dell’impegno che ci metti negli allenamenti, di quanto affini la tua precisione e la tua tecnica nei liberi. Se inizi a pensare troppo, questo, può danneggiare e scalfire la tua concentrazione. Onestamente cerco solo di pensare a tirare il libero come ho sempre fatto, replicando ogni volta il gesto». J.: «Io personalmente cerco di non pensare mai alla pressione. Cerco di considerare ogni tiro libero allo stesso modo, dandogli la stessa importanza, che sia un tiro decisivo a fine partita o uno a inizio della partita. Ho ripetuto il gesto del tiro libero migliaia e migliaia di volte in vita mia, quindi non c’è motivo di essere teso e di aggiungere ulteriore pressione. Cerco solamente di fidarmi del lavoro che faccio per portarmi fino a questo punto».

Avete qualche curiosità legata a qualche vostra prestazione o partita relativamente ai tiri liberi? S.: «Ho una lista di molti particolari e dettagli, un po’ scaramantici, che faccio sempre durante la mia routine quando si tratta di dover tirare un libero. Quando sbaglio un libero, di solito, torno a guardare il video per vedere cosa ho sbagliato». J.: «La mia routine di tiro è davvero semplice. Faccio solo un palleggio, in ritmo, prima di tirare. Mio padre mi ha sempre insegnato nel basket: “Studi troppo, studi male”. E l’ho sempre ascoltato, basandomi, invece, più su una maggiore ricerca della sicurezza interiore, nei miei mezzi e in quello che ho sviluppato con i miei sacrifici in tutto questo tempo».

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