«Cantù? Troppo impaziente
E serve più competenza»

In vista del match di domenica tra Pesaro e Cantù, intervista con l’allenatore che ha vinto uno scudetto con entrambi i club.

A Cantù un certo tipo di potenziale economico messo a disposizione da un nuovo investitore non si è trasformato in un altrettanto interessante potenziale sportivo. Che ne pensa Valerio Bianchini?

«Questo è il punto. C’è questa impazienza e questa idea che si possa fare una squadra semplicemente mettendo assieme dei giocatori, ma non è così. Ci vuole tempo per fare la squadra. Occorre sedimentare uno stile, avere continuità con il proprio allenatore.

Posso fare un altro esempio?

Avanti.

«Trento, Reggio Emilia e Cremona sono esempi di ambienti e società sportive che hanno coltivato la loro piazza, mantenuto un nucleo di giocatori italiani che sono importantissimi a fondamento dell’intero gruppo, che hanno fatto scelte molto oculate sul piano dei giocatori stranieri e che, appunto, hanno mantenuto per anni il proprio allenatore. Queste sono le chiavi interpretative della ventura di una squadra».

Che consigli dispenserebbe?

«Serve una certa coerenza. La proprietà è una cosa e non sempre, anzi quasi mai, la proprietà ha competenza. Però una proprietà intelligente affida a una persona competente il compito di fare la squadra. Responsabilmente si compiono delle scelte e si portano avanti con coraggio. Se appena le cose iniziano ad andare male si cominciano a cambiare giocatori e allenatori allora ci si avvita su se stessi senza mai imparare dai propri errori. Le squadre si costruiscono nell’animo, non comprando i giocatori al supermercato degli agenti di basket».

L’intervista integrale sulla Provincia di giovedì 21 aprile

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