Como, numeri di maglia
tra Kulusevski e Bryant

La scelta dei numeri di maglia, in una squadra di calcio, è sempre legata a fatti e fatterelli curiosi. Regola confermata anche nella numerologia degli azzurri

La scelta dei numeri di maglia, in una squadra di calcio, è sempre legata a fatti e fatterelli curiosi. Regola confermata anche nella numerologia degli azzurri di quest’anno.

Non ci sono casi clamorosi o eccentrici, ma qualcosa di curioso c’è. Nel calcio ne abbiamo viste di tutti i colori, eh... Fecero molto sorridere Gatti, Fortin, Zerouali e Nani che scelsero rispettivamente il 44, il 14 (assonanza con la pronuncia inglese del cognome), lo 0 e il 7 per giocare con i loro nomi. O l’estrosità di Bendtner che scelse il 52 in onore del suo cocktail preferito (il B52, e e di questo Gattuso e Ludi saranno molto contenti). Comunque anche al Como non mancano i casi curiosi. Per esempio quello di Peli, che nelle precedenti esperienze a numerazione fissa, aveva sempre scelto il 44 in onore dell’amico Kulusevski (uno che gli diceva sempre: ragazzo, sei più forte di me), ma che ha dovuto ripiegare quest’anno sul 55.

Oppure c’è il caso di Varnier, che ha scelto il 24 in merito alla sua passione per la numerologia: il 24 è un numero che lo appassiona per la sua eleganza e per il fatto di essere divisibile molte volte. E poi perché era il numero di Kobe Bryant: lui non è un grande appassionato di basket, ma era stato rapito dalla personalità del cestista Usa tanto da aver chiamato il suo cane “Kobe”.

Gori è un altro caso strano: un portiere con il 66, accidenti che scelta particolare. Beh, qui c’è un piccolo mistero, perché il 66 è l’anno di nascita di una persona molto importante per la carriera del portiere, un preparatore che gli diede fiducia in gioventù, ma del quale il ragazzo non vuol rivelare l’identità.

Bella anche la storia di La Gumina, che ha sempre messo il 20 perché fu il numero che gli assegnò l’allenatore della Primavera del Palermo Bosi (oggi all’Atalanta), perché era stato il numero di Paolo Rossi e gli avrebbe portato fortuna.

Parigini avrebbe tanto voluto avere il 27, un numero che gli piace talmente da averlo anche tatuato sul petto, ma era già occupato (da Cerri) e allora ha optato per l’11, il numero che ha messo nelle nazionali in cui ha militato. Scaglia ha il 23 per via della data del matrimonio con la moglie (giugno 2018), e anche per rompere con il 6 e il 19 che non gli hanno portato fortuna in alcune precedenti esperienze. Cerri e Gliozzi sono accomunati da una somma algebrica: 27 e 72, sommando le cifre, fanno sempre 9, cioè il numero del centravanti occupato da Gabrielloni (che lo cedette solo a Ganz un anno, ma non ne fa una malattia). Per Gliozzi il 72 è anche la data di nascita della mamma.

Iovine voleva un numero che non fosse quello di un esterno, Ioannou ha raddoppiato il numero 4 che aveva il papà quando giocava nel Famagosta e nel Limassol, Cagnano ha preso il 33 perché voleva il 3 ma era occupato, Kabashi l’8 perché è il numero del centrocampista classico, mentre H’Maidat ha una storia legata alla famiglia: mise il n.18 per la prima volta a Brescia perché suo figlio nacque alle 10.08. Poi quel numero gli ha portato fortuna in quella stagione dove fece bene e lo ha rivoluto quando si è trattato di ripartire con il Como. Arrigoni avrebbe voluto il 4, e ha ripiegato sul 21. Bellemo è tornato al 14 che gli portò fortuna nel Fano. Solini scherza dicendo che il 4 è il numero di Sergio Ramos, ma in realtà è una scelta legata al ruolo così come Facchin e altri. Chajia pur giocando a sinistra ha voluto il 7 perché «è più bello».

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