Esposito: «Sulla carta Cantù è ok
Ma poi in campo vanno i giocatori...»

Intervista con il capo allenatore di Pistoia che sabato affronterà la Mia al PalaDesio.

Finisse oggi la regular season, Pistoia sarebbe nei playoff, forte dell’ottavo posto solitario. Davvero niente male per una squadra che avrebbe dovuto mirare essenzialmente a salvarsi. Alla guida del team c’è Vincenzo Esposito, ovvero lo stesso tecnico che la stagione scorsa portò per mano il club toscano al punto più alto della propria storia, rappresentato dalla sesta posizione nella stagione regolare.

Il vostro obiettivo era la salvezza e l’avete raggiunto alla stragrande.

«Con il budget più basso della lega, e se non il più basso di sicuro il penultimo, è ovvio che parti per salvarti. Dopodiché lavori bene, indovini il giocatore o i giocatori giusti e vieni così premiato con il raggiungimento della salvezza in netto anticipo. Per me il capolavoro è già stato fatto, adesso si prova a cercare di vincere il nostro scudetto che sarebbe riuscire ad andare ai playoff».

Sabato affrontate Cantù che non è ancora salva ma che sembra “arrivata” sia sotto l’aspetto fisico sia sotto quello psicologico. Voi, con molta sincerità, in questo momento sembrate avere una marcia in più.

«I problemi in casa altrui non li guardo mai. Piuttosto sono contento di essere sopraggiunto in quello che definisco il momento più importante dell stagione - chi per la salvezza, chi per i playoff, chi per lo scudetto - in una buona condizione fisica e tattica. Lo dimostrano i risultati delle ultime giornate. A me è questo che interessa. Vuol dire che si è programmato bene e lavorato altrettanto bene. Al momento clou siamo in un’ottima condizione psico-fisico. E pure tattica».

Dando un’occhiata al vostro roster e a quello della Mia, uno sarebbe portato a credere che le vostre posizioni di classifica dovrebbero essere invertite...

«Credo siano diverse le squadre che sono in difficoltà rispetto a ciò che hanno fatto sulla carta. Alcuni altri roster, sia per livello di italiani (per qualità ed esperienza) sia per numero (e mi riferisco a chi ha giocato con sette stranieri), sicuramente potevano fare qualcosa in più. Ma la carta resta carta, i nomi non giocano e in mezzo al campo ci vanno i giocatori».

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