Gerasimenko: «Cantù, torno
e gioco il derby con Milano»

Tra battute, bilanci e speranze, intervista esclusiva al patron della Pallacanestro

Due sole condizioni: niente foto e nessun riferimento sul luogo dove si trovi. Per il resto vale tutto, senza limitazioni. La location,questione più personale che non di sicurezza, allora, resta top secret. Non l’abbigliamento del capo: maglietta bianca a maniche lunghe («no, non fa freddo, ma sto tornando in forma e devo sudare») e pantaloni. In mano una tazza verde con pupazzetti e tanto té nero bevuto lungo tutta la chiacchierata.

Dmitry Gerasimenko, patron della Pallacanestro Cantù, malgrado la lontanza è sereno. E concentrato. Parla come un fiume in piena, senza soste (se non per un paio di traduzioni dall’italiano all’inglese) e con molta partecipazione.

Dmitry, come sta?

Non male. Mi sto preparando. Ditelo a Carlo (Recalcati, ndr): la condizione per firmare il suo biennale era farmi giocare 10 minuti nel derby contro Milano. Quest’anno non gliel’ho fatta, mi alleno duramente per il prossimo.

Quanto le manca Cantù?

Tantissimo. Mi manca la sua gente, alla quale sono molto legato. E mi mancano la pizza del Quadrifoglio e la fiorentina del Casottino. Ma arrivo, tranquilli.

Quanto ha sofferto a non essere qui?

A pensarci bene, forse è stato anche meglio così, perché avrei tentato di uccidere qualcuno dei miei giocatori. Scherzi a parte, penso in continuazione a tutto quello che c’è lì: i tifosi, il Toto Caimi, la squadra e tutto quanto gira attorno. Ma mi ricordo perfettamente ogni cosa.

Perdipiù s’è perso la seconda parte di stagione, forse la meno peggio...

Vero. Ma ho visto tutte le partite, nessuna esclusa. E non posso dimenticarmi di quanto sono stato felice per la vittoria di Bolshakov con Varese, anche perché due ore prima del derby gli ho consigliato una strategia difensiva che è risultata vincente. E poi la prima di Recalcati con Reggio Emilia. Che clima, che atmosfera, che festa e che gran bella gara.

Cosa non rifarebbe della scorsa stagione?

Abbiamo volutamente aspettato due mesi prima che Kurtinaitis si liberasse dal Khimki. E poi l’abbiamo accontentato, acquistando giocatori di sistema e soprattutto adatti al suo sistema. Rimas è un ottimo allenatore, che vuole sempre che si giochi di squadra con tanti passaggi e movimenti di conseguenza. Ma così abbiamo rinunciato forse un po’ troppo a cuore leggero a qualche elemento di talento e magari anche fuori dalle righe.

Tutto qui?

No. Perché è inutile negarlo: purtroppo certi giocatori non si sono dimostrati al livello di Cantù e, con le regole che ci sono in Italia, non è stato poi facile correggere in corsa, dato che la formula ci costringeva a cercare solo giocatori con passaporto europeo.

In concreto, di chi sono state le colpe?

Direi che sia stato principalmente un problema di roster, più che di allenatori, perché quando una squadra segna solo 9 punti in un quarto o inizia il match sotto di 15, come accaduto ad esempio, nelle ultime gare, la colpa non può essere del coach.

Stagione, in definitiva, da dimenticare.

Non del tutto. Perché in sede di bilanci vanno poi considerate diverse componenti. Salvati ci siamo salvati. Grazie anche al buon lavoro poi fatto anche da Bolshakov e Recalcati. E in più...

E in più?

In più abbiamo ridotto le spese per la struttura societaria e soprattutto fatto grandi passi in avanti nella costruzione del palazzetto, grazie anche al sostegno delle municipalità e della Regione.

Sul campo, però...

Vero, ci saremmo aspettati di più. Non abbiamo raggiunto i playoff, ma è stata un’importante lezione per me e per lo staff dirigenziale su come costruire la squadra in futuro.

A proposito, chi la allestirà per la prossima stagione?

L’anno scorso abbiamo visto in tanti i giocatori, che poi sono stati scelti in base alle esigenze di Kurtinaitis. Anche stavolta, più o meno, accadrà la stessa cosa. Prima definiremo il budget, poi sceglieremo la formula e quindi inseriremo, preferibilmente, i giocatori italiani. In modo tale da capire subito quali siano gli stranieri che ci servono.

Ma il proprietario non sceglierà nessuno?

Come no? Un giocatore me lo tengo tutto per me. E sarà per il pubblico di Cantù, che adoro. E che si merita uno in grado di infiammare le folle con le giocate. Dovrà essere spettacolare, perché i tifosi vengono con lo spettacolo. E segnare 8 o 9 punti a partita. Facendoci godere.

Ma con che budget?

È ancora da definire. Perché io non mi tiro indietro e confermerò più o meno l’impegno economico della passata stagione. Però devo capire anche quello che entrerà dalle sponsorizzazioni. Io spero che tante aziende locali vogliano essere al nostro fianco. Di certo la mia squadra giocherà sempre per arrivare ai playoff.

L’anno scorso , e il periodo era questo, disse che le sue squadre si costruiscono a fine agosto. Sempre della stessa idea?

Ci sono due modi per allestire un roster, quando non si può contare su giocatori già in casa: farlo a giugno con i prezzi che sono ancora alti, perché i giocatori fanno di tutto per far fruttare le stagioni appena concluso, o a fine agosto, quando i costi si dimezzano. Tutto dipende dal budget. Noi però, e posso svelarvelo, siamo già attivi da almeno tre settimane.

Quanto è importante il nuovo palazzo per questo club?

È fondamentale per dare alla società una stabilità economica che vada al di là dei miei sforzi. Per questo spero che i dirigenti che si occupano della riqualificazione del Pianella lavorino duramente per creare un tessuto di negozi e ristoranti che facciano parte della struttura.

Ha già studiato qualcosa in particolare?

Ho guardato gli esempi del calcio, seguendo l’esperienza di Real Madrid e Barcellona: dagli impianti di proprietà si traggono grandi profitti. Una volta concluso il nuovo palasport, noi saremmo i primi nel mondo del basket italiano a poter trarre giovamento da questa opportunità. Vi dico però che già dalla prossima stagione l’obiettivo è quello di incrementare il pubblico al PalaBancoDesio, che quest’anno è stato stabile. Per questo dobbiamo pensare a una serie di spettacoli e attività, anche per i bambini, che permettano di creare un’atmosfera attrattiva pure per coloro che non sono mai andati a vedere una partita di basket.

Con tutti questi pensieri, perché allora concentrarsi pure sul settore giovanile?

Perché una società professionista come la nostra deve averlo. Tutto qui.

Ha intenzione di investirci molti soldi?

Ho intenzione di dare una svolta professionale al lavoro. Con allenatori professionisti che, sotto la responsabilità di Recalcati e Bolshakov, crescano i ragazzi. Non mi serve tanto: quattro squadre da dieci elementi ciascuna. Quella che conta è la mentalità.

Perché a Cantù non c’è?

A Cantù ci sono diverse lodevoli realtà, come il Progetto Giovani, il Minibasket, il Basketsenna o il Cucciago. Ma loro lavorano soprattutto a livello sociale, per diffondere il basket. Bella cosa, e noi sempre li aiuteremo. Irina, ad esempio, sarà socia del Pgc. Ma a noi serve qualcosa di diverso. Negli ultimi 10 anni quanti giocatori di questi vivai sono andati in A? Uno, Abass. Io ne vorrei preparare uno all’anno perché con 5 o 6 elementi locali la gente apprezzerebbe molto di più. Ecco perché alla fine vi dico che avere un settore giovanile in proprio mi farà risparmiare.

Si sente più odiato o più amato?

Odiato? E perché? Io amo i canturini e credo proprio che loro amino me. Ne approfitto per ringraziare Davide Marson (a proposito ditegli di mettere in fresco il bottiglione di prosecco, che sto tornando), Sergio Paparelli e Stefano Salice che mi stanno appoggiando in questa avventura e che hanno dimostrato di avere a cuore la pallacanestro. E in più vorrei mandare un saluto ad Anna Cremascoli, che tanto si è spesa in passato per la società.

Spera di tornare presto?

Certo. Ma qui o lì quello che conta è la stabilità economica del club. Comunque ricordate a Recalcati che dovrà schierarmi contro Milano.

Voto a Irina come presidente?

La mia scelta peggiore. Perché nominandola avrò sì trovato un ottimo dirigente, ma ho perso una moglie. Ma anche un bel vantaggio, perché perdendo la moglie ho anche trovato una buonissima sponda per parlare sempre e solo di basket...

Edoardo Ceriani

© RIPRODUZIONE RISERVATA