Ghiri... Gori sul campo
Allegria, sogni e parate

non è un portiere banale. Non lo è in porta, dove è spettacolare, istrionico, abile con i piedi e soprattutto spericolato nelle uscite. E non lo è fuori

Ve lo diciamo subito, Stefano Gori non è un portiere banale. Non lo è in porta, dove è spettacolare, istrionico, abile con i piedi e soprattutto spericolato nelle uscite. E non lo è dal punto di vista della personalità: allegro, entusiasta, ambizioso, non supponente, non presuntuoso, ma dai cui pori sprizza tutta la voglia di fare bene, di giocarsi le sue carte per arrivare ai massimi livelli. Quali? Lui non lo dice per pudore e per modestia. Ma punta in alto.

Del resto è uno che da ragazzino era stato preso dal settore giovanile del Milan e che dopo due stagioni al Pisa ha ricevuto una telefonata dalla Juventus. Non per l’Under 23 ma per il gruppo prima squadra (da dove sarebbe partito in prestito, si dice in A). Un infortunio ha bloccato temporaneamente i progetti. Una volta guarito, altri 6 mesi a Pisa in B hanno fatto vedere che è pienamente recuperato. E adesso Como. Per tornare a cavalcare la tigre. Stefano Gori non è uno da risposta pre stampata, monocorde, monotono, studiata con procuratori e addetti alle pubbliche relazioni. A Bregnano, dopo una settimana di ritiro, ha già conquistato tutti.

La prima cosa che ti chiediamo è: da dove arriva quel sorriso così convinto?

Dal fatto che mi ritengo una persona fortunata. La vita è bella. Io sono fortunato perché posso dirlo forte. Altre persone non hanno avuto la stessa fortuna. Averne coscienza è un omaggio anche a loro.

Dicono che sei esuberante.

Dipende da cosa significa esuberante (e sorride sornione, ndr).

Per esempio, spettacolare tra i pali e coraggioso nelle uscite.

L’importante è parare. Oggi i portieri spesso sono giudicati magari per come sanno giocare con i piedi, per la personalità. Ma la prima cosa è parare. Ognuno ha il suo stile, io ho il mio.

Le uscite?

Mi piace uscire, prendere il tempo giusto. Sì, sono anche un po’ spericolato, ma magari questo non diciamolo perché dopo subito ti colpisce la legge dei portieri. “Sei bravo nelle uscite?”. “Sì”. E bam, sbagli la prima...

A proposito di piedi?

Ripeto. Prima parare. A me piace impostare dal basso, giocare la palla anche nello stretto. Ma è una caratteristiche che serve se è la squadra che è impostata in un certo modo.

Gori arriva a Como in che momento?

Ho 25 anni. Guardo in alto. Ma concentrandomi sul presente. Un anno fa ero in un ufficio della Juventus che mi faceva firmare un contratto e non per la squadra Under 23. Nella penultima di campionato con il Pisa, poi, mi sono fatto male a una spalla. Ho fatto sei mesi in palestra dieci ore al giorno, e mi hanno rimandato a Pisa. Piazza bellissima. Ma all’inizio il progetto era andare a giocare in A. Ecco, devo ripartire da lì.

Cosa sai di Como?

Ho visto i documentari su Dazn per conoscerne la storia. Ho intuito che negli ultimi anni ci sono stati dei problemi. E che adesso è arrivata una società importante. Lo si respira subito appena metti piede qui. Poi sono contento di essere in una società che mi ha cercato tanto, ha lavorato molto per avermi. Sono lusingato.

A chi devi la svolta?

Sono diventato giocatore il primo anno da titolare nella Pro Piacenza. Perché nel settore giovanile non sei calciatore. Lo sei quando le tue parate determinano una stagione di una società. Nelle giovanili sei più uno scolaro. E poi devo molto al mio preparatore di Brescia di quando ero bambino. Mi vide, mi indicò e mi disse: “Tu farai il portiere”. Mi sono fidato...

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