La Virtus Bologna
strappa Belinelli alla Nba

Clamoroso colpo di mercato della società bianconera.

Torna in Italia, Marco Belinelli. La guardia campione Nba con i San Antonio Spurs nella stagione 2013-2014, in cui vinse anche la gara del tiro da tre punti all’All Star Game, varca di nuovo l’Atlantico - questa volta in direzione Vecchio Continente - per vestire la maglia della Virtus Bologna, con la quale aveva debuttato nel massimo campionato di basket a soli 16 anni prima di fare il salto sull’altra sponda di ’Basket City’ e vincere, con la Fortitudo, uno scudetto e una Supercoppa. Trampolino di lancio verso l’Nba e il suo mondo dorato, ’bazzicatò ininterrottamente dal 2007 ad oggi. Quello della Virtus, «è un progetto che mi ha interessato da subito. Un progetto stimolante, nel quale sono certo potrò contribuire in maniera importante», spiega il neò virtussino.

Agli ordini di coach Djordjevic e al fianco di una altro ’crack’ come Milos Teodosic , Belinelli - quarto miglior realizzatore della Nazionale con 2.258 punti in 154 partite - avrà tutto il tempo di provare a trascinare la Virtus nell’Olimpo dei canestri: l’accordo stretto con la Vu Nera arriva infatti fino al giugno 2023. Mettendo una pietra sopra agli anni ruggenti della Nba che lo hanno consacrato a livello internazionale.

E dire che dei tre ’paisà’ di grido passati di là dell’Oceano più o meno insieme, Belinelli, appunto, Gallinari e Bargnani (senza contare Rusconi e Esposito, antesignani sui parquet americani, Datome già rientrato dopo le esperienze a Detroit e Boston e Melli in forza a New Orleans), il ’Belì da San Giovanni in Persiceto doveva essere il meno talentuoso. Quello che sì, ha un buon tiro ma in Nba chissà se basta. D’altronde mica era stato prima scelta assoluta, lui, pescato al Draft da Golden State con la numero 18 assoluta. Mica era un ’Magò di due metri e e dieci che tira da tre come una guardia come Bargnani. Mica era un ’Gallò - fresco di mega contratto da quasi 60 milioni di dollari con gli Hawks di Atlanta nei giorni scorsi - sbarcato nella luccicante New York, per giunta allenata allora da Mike D’Antoni che col suo babbo Vittorio aveva vinto tutto agli ordini di Dan Peterson nella Milano da bere degli anni Ottanta. Non un predestinato, ma un giocatore ’tostò.

Diventato ’globetrotter’ della Lega mettendosi addosso nove canotte diverse in tredici anni: Golden State, Toronto, New Orleans, Chicago, San Antonio, Sacramento, Charlotte, Atlanta e Philadelphia. Un combattente di talento che si è dovuto sudare ogni minuto in campo. Fino a vincere un anello - unico italiano ad averlo fatto - nel sistema perfetto di San Antonio e una gara del tiro da tre all’All Star Game imparando a ritagliarsi un ruolo tutto suo, di specialista in uscita dalla panchina per dare minuti di qualità con i suoi tiri fuori equilibrio e sparati in un ’fazzoletto’ di parquet.

Prima di chiudere quest’anno la sua carriera Nba, con il ritorno a San Antonio, Belinelli, aveva fatto ’impazzire ’ il pubblico di Philadelphia, con a una serie di play-off a rasentare i 20 punti di media e pure per la vaga somiglianza con il ’Rocky’ giovincello la cui statua svetta sulla scalinata del Philadelphia Museum of Art, nel cuore della ’Città dell’Amore Fraterno’.

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