Metta, manna dal cielo per Cantù

È come se avesse sempre giocato qui. E, pronti via, è già subito diventato uno dei nostri.

Chi se lo aspettava spocchioso e altezzoso, altero e tracotante, borioso e vanaglorioso deve essere evidentemente rimasto deluso. Perché è l’esatto contrario. Tollerante e accondiscendente, disponibile ed educato, gentile e affabile, garbato e cortese. Nel limite del possibile - perché, credete, talvolta gli si chiede l’impossibile - non dice mai di no ad alcuno.

Insomma, è una persona ben diversa da quella descritta dall’anedottica della Nba il signor Metta World Peace. Chiunque abbia avuto modo di imbattersi in questo 35enne newyorkese ne ha potuto apprezzare le qualità umane.

E poi, trattandosi di un giocatore di basket, ci sono pure quelle sportive anche se da questo profilo eravamo certamente più preparati. Perché c’era, oggettivamente, un’intera carriera a testimoniarlo. E se pur non ha mai fatto delle statistiche una ragione di vita, quelle che ha messo insieme nelle due partite giocate in maglia biancoblù meritano di essergli riconosciute. Eccole, dunque: 17.5 punti in 20 minuti di media, con 6 rimbalzi, 2 assist, il 53.3% al tiro da due, il 25% da tre (dato francamente da migliorare) e il 100% (10/10) dalla lunetta.

La conferma che in Brianza non è affatto giunto per accelerare le pratiche in vista della pensione. «La schiacciata di fine primo tempo - rammentava in conferenza stampa al termine del match con Capo d’Orlando - è per ricordare a chi non ci credeva che mi muovo ancora discretamente. Lascio che sia il mio gioco a parlare comunque. E io sono qui soprattutto per giocare un buon basket visto che è da due anni che non ci riesco».

L’articolo in versione integrale sull’edizione de La Provincia in edicola martedì 7 aprile

© RIPRODUZIONE RISERVATA