Mauri e il successo nel Mondiale Superbike

Intervista «Sono un maledetto rompiscatole. Ma pretendo che tutto sia fatto alla perfezione. Facciamo tutto noi qui a Lurago: abbiamo tutto nelle nostre mani»

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E’ salito sul palco, gli hanno consegnato il premio per il miglior team indipendente al mondo del Mondiale Superbike. Lo ha alzato al cielo, stringendo gli occhi, allargando un sorriso a metà tra orgoglio e gioia, di fronte alla platea di squadre e piloti. Mentre si levavano gli hip hip hurrà dei meccanici e degli addetti della squadra. Quella fotografia, quel momento, è il punto più alto toccato da Lorenzo Mauri, di Lurago d’Erba, ex pilota, oggi proprietario del team Motocorsa, che nel Mondiale 2022 ha ottenuto il titolo iridato di miglior team non ufficiale, così come lo stesso titolo ha ottenuto il suo pilota Axel Bassani. Un risultato clamoroso. Meglio ancora del già strepitoso 2021.

Come ci si sente campioni del mondo?

Ma... io non mi sento campione del mondo. I campioni del mondo sono quelli della squadra ufficiale. Io mi sento gratificato da un riconoscimento sportivo che è il massimo cui potessimo ambire.

Ci dai la misura del risultato?

Nel Mondiale ci sono 5 team ufficiali, più almeno due, se non tre, che possono essere considerati quasi ufficiali, con il supporto delle case madri. Noi ci facciamo tutto in casa. Siamo arrivati sesti, a due punti dalla Bmw ufficiale. Di più: per il titolo dei team indipendenti si sommano tutti i punti delle moto al traguardo: noi abbiamo una moto o sola e abbiamo battuto chi ne aveva due in pista.

Tre podi, parecchi giri in testa in una gara. Come si vive tutto questo?

Non c’è tempo per emozionarsi. Se non sei sul pezzo, sempre, salta tutto. Certo, quei giri in testa sono stati tanta roba. Con gente come Ragzatioglu e Rea in scia. Ci siamo avvicinati ai migliori. Ma in testa abbiamo solo la voglia di migliorare, di andare più vicino ai mostri sacri.

Felice o commosso?

Felice. Mi commuoverei forse solo il giorno che andassi sul podio ad accompagnare il mio pilota che ha vinto. Lo feci nel Tricolore e mi misi a piangere. Non oso pensare nel mondiale. Ma per il resto sono uno sempre molto concentrato.

È facile lavorare con Lorenzo Mauri?

No, tuttaltro. Sono un maledetto rompiscatole. Ma pretendo che tutto sia fatto alla perfezione. Ho fatto il pilota, so leggere la telemetria, facciamo tutto noi qui a Lurago: abbiamo tutto nelle nostre mani. Dobbiamo dare il massimo. Dunque, controllo tutto. Per tre motivi.

Quali?

Uno, la sicurezza del pilota. Io mi sono distrutto in un incidente, al debutto nel Mondiale, per colpa di un errore umano. E quel treno non è passato più. Due, il rispetto che si deve a chi lavora in un gruppo; tre, un sistema fatto di procedure. Automatismi sempre uguali che possano aiutare a trovare errori o rotture. Se facciamo le cose sempre in un certo modo è più facile trovare le origini di un qualcosa che non va.

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