Nicastro da Miami a Como
Tutta colpa del commercialista

Il suo uomo di fiducia negli Usa è comasco e tifoso del Como. Che gli faceva una testa così per buttarsi nell’avventura. La storia sul giornale di oggi

Sul quotidiano di oggi raccontiamo la storia di Massimo Nicastro, presidente del Como. Soprattutto nella fase del suo trasferimento a Miami da Milano. Delle amicizie nel calcio. Da Chiellini in poi. Ha il physque du role dell’anchor man tv. Uno da tg, per dire. E questo, anche se sembra un orpello, un dettaglio di colore, in realtà dice molto del personaggio Massimo Nicastro. Il presidente del Como. L’uomo che possiede al 50% (l’altra metà è di Roberto Felleca) il Como 1907. Dice molto, perché sta anche in questa sua immagine patinata, questa serietà di approccio, questa formalità (o formalismo) patinata il senso della sua presenza qui. L’anima dell’imprenditore che è venuto qui per fare le cose seriamente, con una prospettiva più profonda e imprenditorialmente un pizzico più lungimirante del guardare prima se la palla va dentro o no. Che poi è la cosa fondamentale per fare successo nel calcio. La palla dentro. La prima telefonata gliela fece Renzi (imprenditore edile romano), che lui conosceva anche se non bene. Nel pacchetto c’era anche Angiuoni che Nicastro conosceva bene perché ci aveva lavorato quando l’imprenditore italo americano operava nel ramo tessile. Per quello era partito da Milano, bocconiano, appassionato di basket: per curare il mercato americano di una ditta di filati. Dunque era stato un “mezzo sì”. Il resto, e questo non lo si sapeva, lo fece il suo... commercialista a Miami. Un comasco, di origine e tifo: Fabio Brusa. Che appena aveva sentito parlare di Como, gli ave va fatto una testa così. Del Como, della maglia, di Centi, di Ardito.

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