Non si vede la fine del lungo stop
«Così i ragazzi lasceranno la bici»

Il mondo del pedale è fermo da troppo tempo e i settori giovanili arrancano. Decisamente preoccupato Christian Rigamonti, vicepresidente della federazione di Como.

A fine giugno, la federazione ciclistica italiana ha diffuso le sue linee guida per la ripresa delle manifestazioni ciclistiche. Il decalogo, che prevede numerose indicazioni da mettere in pratica per garantire la sicurezza in epoca Covid-19, è limitata però alle “gare individuali”, specificazione che, in assenza di un ampliamento alle corse su strada vere e proprie, concentra l’attenzione di tutti soltanto su cronometro, cronoscalate e appuntamenti nei quali il percorso non porti con sé la partecipazione in simultanea dei corridori.

Da una parte, il mondo del pedale prova a ripartire; dall’altra, però, i settori giovanili arrancano, stretti tra la necessità di stimolare i loro appartenenti da un lato e, dall’altra, dalla completa assenza di riferimenti, veri, verso i quali guardare.

«La situazione - afferma dice Christian Rigamonti, vicepresidente di federciclismo Como - non va sottovalutata. Specie tra i giovani, questo lungo stop allontanerà di certo molti ragazzi dalla bicicletta. Nessuno, ovviamente, sa se e quando la stagione potrà ripartire. In queste condizioni, è davvero difficile avere degli stimoli e si rischia che, alla ripresa della scuola, siano gli altri sport a prevalere».

Le questioni sul tavolo sono tante. C’è la necessità di tenere agganciati gli atleti (o aspiranti tali) alla bicicletta in un momento nel quale non ci sono date e obiettivi; c’è il desiderio di ripartire, ma farlo, anche solo per allenarsi, diventa complesso; c’è da capire quale potrebbe essere l’epilogo, specie per coloro che si apprestano dagli Allievi a entrare nel mondo Juniores, e per questi ultimi che aspirano al passaggio agli Under 23.

In attesa di entrare nel merito, ad aumentare sono le incombenze per chi si propone di organizzare corse. L’ultima in stretto ordine temporale è l’istituzione di una sorta di Comitato Covid a tutela dei partecipanti alle gare, con tanto di corso on-line a partire dallo scorso 3 luglio per tutti coloro che dovranno poi certificare il rispetto delle regole.

«Non dico sia sbagliato, anzi. Il problema, ancora una volta, sta nelle responsabilità in carico a dirigenti e organizzatori. Il ciclismo vive di passione, di persone a lato della strada e di passanti che, vedendo transitare un corridore, lo sostengono battendogli le mani. Se, oltre alla sicurezza degli atleti, le società dovranno occuparsi di tutto questo, promuovere una corsa sarà davvero dura», prosegue.

Che fare, dunque? In assenza di un calendario, anche ipotetico, su cui concentrarsi, gli allenamenti non sono tali e, dunque, in questo periodo spesso prevalgono le esigenze familiari. Qualcuno va in vacanza, altri si staccano dalla bicicletta, altri ancora fremono in attesa di una ripartenza difficile da pronosticare. «C’è bisogno che qualcuno si assuma la responsabilità di decidere. Non sarà facile, ma va fatto. Diversamente, l’intero settore ne risentirà, finendo per logorarsi poco a poco», conclude Rigamonti.

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