Pecchia: «Cantù, c’è il lavoro
dietro ai risultati. E qui si lavora»

La nuova guardia dell’Acqua San Bernardo: «Che tifosi, un’accoglienza da pelle d’oca»

Segni particolari, positivamente ambizioso. Per sé e per la squadra. Non sbruffone, anzi. Perché i piedi sono ben piantati per terra e la testa saldamente sulle spalle. Ma con quel pizzico di aspirazione di quando non hai ancora ventitré anni e arrivi per la prima volta in A con i crismi del predestinato.

Andrea Pecchia from Segrate è reduce da tre stagioni super a Treviglio. Dove spesso gli è accaduto di fare l’americano. Aggiudicandosi, tra l’altro, il Premio Reverberi (l’Oscar del basket) come miglior Under 23 del campionato 2018/18 e miglior Under 22 di serie A2 nella stagione successiva, ovvero quella appena terminata.

Abbastanza, penseremmo noi, per sentirsi un bel carico di pressione addosso. O no

Sinceramente no. O per lo meno, come è naturale che sia, ci può anche essere, ma io vedo di non farmi condizionare. Giocare a basket è la cosa che mi riesce meglio e per questo mi sento il più fortunato del mondo, perché faccio il lavoro che amo.

Il modo migliore per approcciare la nuova esperienza, allora.

Infatti. Non vedevo e non vedo l’ora. Senz’altro mi pare la situazione migliore per fare il salto dalla serie A2 alla A.

E già questo dovrebbe far tremare i polsi, alla sua età...

Invece no. Anzi, vi dico che finora è stato proprio nelle situazioni più calde e forse meno normali che sono riuscito a dare il meglio. Insomma, male non mi sono mai trovato.

Cantù e i primi giorni da canturino. Che aria tira?

L’ambientamento sta procedendo al meglio. Stiamo lavorando forte dentro il campo e stiamo cementando l’intesa, e non solo sportiva, fuori.

Cominciano dal parquet.

Siamo nella fase degli allenamenti più intensi. Anche a Chiavenna, in ritiro, ne abbiamo approfittato per alzare l’asticella. Le fortune di una stagione si ricercano in questo momento.

E le fortune di un gruppo quando?

Sempre ora. E il nostro ha già dimostrato di essere coeso, anche al di là del lavoro. Ci si cerca e ci si trova, direi che va molto bene così.

Anche sul campo non sta andando male.

L’amichevole con Bologna insegna.

Abbiamo disputato un’ottima partita e l’impatto direi che è stato positivo.

Si aspettava un’accoglienza del genere?

Un po’ ero preparato, non lo nego. Ma sono rimasto lo stesso colpito. Addirittura nel giorno del raduno, il 12 di agosto davanti a centinaia di persone, mi è letteralmente venuta la pelle d’oca.

A Chiavenna sabato scorso poi...

Tutti mi avevano detto del calore della nostra curva. Un qualcosa di unico, e lo abbiamo capito subito.

Anche gli americani, secondo lei?

Eccome. Loro poi, che non sono abituati, forse sono ancora più sensibili. Abbiamo di sicuro un sesto uomo in campo.

A proposito di campo, dove potrà arriva la squadra?

Dove non lo so. So solo che i risultati sono sempre il frutto del lavoro. E il lavoro e la voglia di lavorare, ve lo assicuro, qui non mancano.

Anche lei deve averlo fatto duramente in estate, visto come si è ben presentato.

Ho lavorato, ho lavorato.

L’ho sempre fatto, anche nelle stagioni precedenti. Figuriamoci stavolta che sono davanti al grande salto di categoria.

Ha scelto Cantù convinto da chi o che cosa?

Convinto dal discorso che mi ha fatto coach Pancotto e da un progetto che è fuor di dubbio l’ideale per questo mio scampolo di carriera. A una piazza storica e vincente come Cantù non si può dire di no.

Il prossimo, tra Treviglio in semifinale e Milano nell’aria, potrebbe essere un po’ il suo fine settimana.

Lo so bene. Ritrovo la squadra e i compagni dei miei ultimi tre anni e un allenatore, Adriano Vertemati, che è stato colui che più mi ha aiutato a crescere. Non sarà certo una partita normale.

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