Popov: «Per la cessione
ora sono più ottimista»

Intervista con l’amministratore unico della Pallacanestro Cantù.

«Sono ottimista. Sì, oggi ancor più di settimana scorsa sono ottimista che questa importante trattativa in corso per la cessione della Pallacanestro Cantù possa definirsi nel migliore dei modi. Sono molto fiducioso e vedo la possibilità reale che i potenziali nuovi investitori diano a questo glorioso club oltre alla continuità anche una marcia in più perché riscontro nei nostri interlocutori serietà e solidità. E questa è una garanzia». Roman Popov, dall’agosto scorso amministratore delegato della società brianzola, fa il punto sulle trattative per la cessione del club. L’occasione per raccontare, anche, chi è veramente Roman Popov - personaggio centrale in questo delicato frangente della vita del club -, visto che di lui si sa poco o niente anche perché sinora ha preferito restare defilato, dribblando le interviste e fornendo risposte di circostanza in occasioni delle sue apparizioni al PalaBancoDesio.

Ottimista ok, ma a che punto siamo?

«A breve dovremmo concludere. L’acquisizione della Pallacanestro Cantù e quella del nuovo Pianella viaggiano su uno stesso binario. I potenziali acquirenti sono interessati all’una e all’altro. L’insieme delle due realtà, del resto, rappresenta il classico caso in 1+1 fa più di 2...».

Non teme che una volta eventualmente raggiunto l’accordo tra le parti, poi Gerasimenko magari si ponga di traverso mandando tutto all’aria?

«Sono sicuro che non ci saranno intoppi da parte di Dmitry e che tutto si risolverà per il meglio».

Intanto ci racconti un po’ di lei.

«Ho 43 anni, sono russo di nascita, moscovita per la precisione, ma già a 3 mesi ho iniziato a vivere in Italia. Sono figlio di diplomatici e ho passato la mia infanzia in una bellissima villa dell’ambasciata sovietica a Roma all’interno di Villa Doria Pamphilj. Quando io avevo 8 anni siamo tornati in Russia e ci sono rimasto fino ai 22 frequentando l’Università. Nel 1997-98 di nuovo in Italia per un Master alla European School of Economics di Roma».

E poi il lavoro

«Rientrato a Mosca ho cominciato a collaborare con una società svizzera di progettazione e produzione impianti per la siderurgia, svolgendo inizialmente tre mesi di tirocinio a Lugano. Ed è così che è iniziata la mia avventura nel mondo dell’acciaio. Sono rimasto con loro per 7 anni poi sono andato a lavorare per una società siderurgica russa dove mi occupavo della gestione degli affari con l’estero. Era un holding dove per pura coincidenza c’era pure la seconda acciaieria per importanza del gruppo Red October. Nel 2009 per un’altra società russa sono venuto in Italia a svolgere la rappresentanza commerciale e abbiamo creato anche una rete di vendita dell’acciaio con tre magazzini ad Arcore, Brescia e Marghera. Sono stato con loro fino al 2013, poi ho fatto il consulente sempre in ambito siderurgico e dal 2014 gestisco la filiale commerciale di un’acciaieria in Repubblica Ceca E lì ho conosciuto Dmitry».

Ci racconti

«Semplicemente, intrattenevamo rapporti di partnership e ci trovavamo bene».

Ma com’è che Gerasimenko ha pensato proprio a lei quale amministratore unico della Pallacanestro Cantù? Intrattenevate un rapporto d’amicizia?

«D’amicizia direi che è eccessivo. Tra noi c’era un rapporto professionale di partnership su altri progetti. Probabilmente lui voleva una persona di riferimento che magari avesse la sua stessa lingua madre e io vivendo in Italia, geograficamente ero già adatto. Dal punto di vista professionale ho seguito alcune operazioni di acquisizione nel mio campo specifico ed evidentemente ha ritenuto che potessi dargli una mano per la valorizzazione del gruppo in Brianza».

Si spieghi meglio.

«Lui mi ha chiesto se potevo aiutarlo riguardo la ristrutturazione societaria del suo gruppo. L’idea era quella di far emergere le due aziende - Pallacanestro Cantù e Pianella - per creare un unico gruppo, valorizzando così la parte sportiva con l’immobile del palazzo».

La sua prima reazione qual è stata?

«Non sono particolarmente appassionato di sport, ma mi è subito parsa una proposta piuttosto interessante. Magari non proprio una sfida, ma un’esperienza del tutto particolare da provare a fare questo sì».

L’ha convinta subito, dunque?

«Dmitry quando ti deve vendere qualcosa sa essere molto convincente... Battute a parte, mi è sembrato molto interessante. L’idea era quella di dare continuità a quello che era stato fatto l’anno precedente aggiungendo me come persona di riferimento e di fiducia da parte sua».

Cosa ricorda del suo primo approccio canturino?

«Un passo indietro. Il 15 aprile dell’anno scorso, quindi molto tempo prima di ricevere la proposta di Dmitry, ero stato da lui invitato ad assistere a Desio al derby con Milano (quello che ha fatto segnare il record assoluto di spettatori da parte del club brianzolo, ndr). Non era la prima partita di basket a cui assistevo dal vivo, ma sono rimasto particolarmente colpito dall’ambiente e dal tifo. Semplicemente strepitoso, tanto da restarne impressionato».

E una volta “dentro” il club?

«Ho avuto la piena collaborazione da parte di tutti e mi sono trovato subito bene. Poi ci si è messo il “casino” di Dmitry e la situazione aziendale è andata in sofferenza. È insomma successo quello che è successo e parafrasando potrei dire che “nel mezzo del cammin di nostra vita mi ritrovai nella selva oscura...”».

Da allora com’è il suo rapporto con Gerasimenko?

«Praticamente inesistente. Prima ci sentivamo pressoché quotidianamente, in seguito praticamente più nulla anche se resta tuttora il proprietario».

Non se lo sarebbe mai aspettato dopo così pochi mesi di doversi trovare a intavolare trattative per la cessione, immaginiamo...

Un’ultima domanda: un sunto del Popov “privato”?

«Sono sposato con Karolina, una ragazza russa conosciuta in patria e che è venuta in Italia con me nel 2009. Viviamo a Bergamo e sabato festeggiamo il primo anniversario di nozze».

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