Procida, l’energia pura di Cantù
«Possiamo giocarcela con chiunque»

L’entusiasmo del diciottenne dell’Acqua S. Bernardo, il giocatore del momento

L’importanza, adesso, di chiamarsi Procida. Capitale italia della cultura per il 2022 l’isola. Centro nevralgico del basket nazionale Gabriele, il golden boy della Pallacanestro Cantù. Stimmate del campione e marchio Pgc, dove si è formato e forgiato come uno dei migliori talenti italiani ed europei del 2002.

Prima di tutto i complimenti. Per il periodo e per la convocazione in azzurro.

Grazie. Davvero. È un bel momento.

Te l’aspettavi?

Aspettare no. Diciamo che un pensierino l’avevo fatto.

Un premio alla fase che stai vivendo. Concordi?

Assolutamente sì.

Come ti stai godendo il periodo?

Con tantissima tranquillità. Continuando a lavorare forte e senza montarmi la testa.

Dicono che sia così la tua ora che in allenamento segni anche se tiri gli asciugamani...

Lo lascio dire agli altri. Mica che mi porti sfiga anche solo pensarlo...

Intanto sei sempre più al centro del progetto.

Sto prendendo maggiore fiducia in me stesso e capendo le mie caratteristiche. Ho la fortuna di poter lavorare con tranquillità e in un ambiente che mi è familiare.

Qual è il tuo obiettivo?

Continuare a migliore e a fare quello che più serve alla squadra.

Il salto di qualità, intanto, è parecchio importante.

È il frutto di tanti allenamenti con giocatori bravi ed esperti. Del contatto continuo in campo con fisici diversi dal mio. Degli insegnamenti dei tecnici e dei consigli dei compagni.

Il “pulcino” Procida come sta in mezzo a un gruppo di giocatori veri?

Molto, molto bene. Siamo tanto amici, si sta alla grande. Con gli italiani soprattutto, anche perché sono rimasti quasi tutti rispetto all’anno scorso. E l’aggiunta di Jordan (Bayehe, ndr) non è di poco conto. Ma anche con gli stranieri fila tutto liscio.

Appunto, come va con loro? Ti hanno preso sotto l’ala protettrice?

Sono tutti super disponibili, nessuno escluso. Sento la vicinanza e l’appoggio, sia in allenamento sia in partita. Sbaglio una scelta e che succede? Succede che c’è sempre qualcuno pronto a dirmi cosa non è andato e cosa fare la volta successiva. Nessuna spocchia, niente distanze. Mi trovo benissimo.

Qual è, allora, il segreto per crescere ogni giorno?

Lavorare con grande intensità, non montarsi la testa e ascoltare.

A proposito di montarsi la testa, non potrai certo tapparti le orecchie o chiudere gli occhi e non ascoltare o leggere le belle parole spese per te.

Diciamo che mi limito a rimanere informato su quel che accade. Cercando di leggere il più possibile.

E che effetto fa essere al centro dell’attenzione con articoli e foto?

Fa piacere, inutile nasconderlo. Ma tutto finisce lì.

In casa come si sta vivendo la situazione?

Papà e mamma con molto tranquillità. I parenti sono tutti contenti e partecipano alle mie fortune.

Coach Cesare Pancotto, prima di andarsene, disse che, tra le altre cose, era felice di aver lasciato un giovane come Pecchia in azzurro, e uno come te che l’avrebbe seguito a ruota. È passata giusto una settimana...

Mi sento di ringraziarlo, con tutto me stesso.Lui è stato fondamentale per la mia crescita, soprattutto a livello mentale. Ha creduto in me fin dall’inizio e lo ha sempre dimostrato.

Cos’è cambiato rispetto a prima?

Nulla. Lavoravamo bene prima, lavoriamo bene adesso. È chiaro che il successo nel derby ci ha portato entusiasmo e felicità e potrebbe essere la molla per fare ancora meglio.

Cos’è cambiato con Bucchi?

È uno molto diretto, mi è piaciuto subito. Ha cominciato forte, ma è ancora presto per dire di poterlo conoscere a fondo.

In compenso è rimasto Totò, e con Totò intendiamo Antonio Visciglia, a farti da guida. Sempre un super rapporto tra voi due?

E non potrebbe essere altrimenti: è colui che mi ha cresciuto e accompagnato fin dai tempi dell’Under 14. Logico che gli venga naturale incitarmi in allenamento e a me spontaneo ascoltarlo.

Dove può arrivare questa squadra?

Questo saremo noi a deciderlo. Abbiamo il destino nelle nostre mani e abbiamo dimostrato in più di un’occasione di potercela giocare contro chiunque. Anche domenica nel derby abbiamo confermato di poter fare bene per 40 minuti filati.

Anche perché, come abbiamo visto, gente che ha punti nelle mani non manca...

Vero. E per di più non sono sempre gli stessi. Non abbiamo un unico terminale, ma diverse soluzioni offensive. E questo ci dà maggiori possibilità.

Risultato a parte, meglio il Procida del derby o quello di Pesaro.

Il derby è il derby. Soprattutto per uno come me che da bambino e sugli spalti del Pianella sognava un giorno di poter giocare anche solo qualche minuto e fare canestro. Però diciamo che è stato bello anche a Pesaro, soprattutto perché forse ho contribuito a contenere la sconfitta.

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