Sacripanti, 600 gare in serie A
«Ricordo ancora bene la prima...»

L’allenatore canturino si racconta ripercorrendo la sua carriera.

Seicento panchine in serie A. Mica paglia per uno che ha 47 anni ma che dal 2000 a oggi non ha mai saltato una sola stagione da capo allenatore. Seicento panchine festeggiate tra l’altro come meglio non avrebbe potuto lui stesso augurarsi, vale a dire con il botto dell’ultima domenica di campionato al Forum dove la sua Avellino ha infilzato Milano.

Ricorda la prima?

«E come potrei essermela scordata… Quest’estate chiacchieravo con Ettore Messina che era l’allenatore di quella fenomenale Virtus Bologna che liquidò la mia Cantù con 30 punti di scarto».

Soltanto quattro le piazze da lei “visitate”: Cantù, Pesaro, Caserta e Avellino. Ci tratteggia sinteticamente la sue singole esperienze?

«Nella Cantù in cui ho iniziato il senso di appartenenza si avvertiva in maniera viscerale. Si era tutti una cosa sola».

Avanti con Pesaro.

«È stata la novità, il confrontarmi fuori da casa mia, il misurarmi con altre persone, il mettermi in gioco un’altra volta e totalmente in un club organizzatissimo».

Andiamo a Caserta

La passionalità con cui ci siamo buttati in questa avventura bellissima in una piazza che aveva fame di pallacanestro. La loro spontaneità, l’allegria e la passionalità nel vivere le partite. Per me che sono persona che assapora appieno queste emozioni sono stati quattro anni molto belli anche nelle difficoltà estreme».

Il ritorno a Cantù.

«L’enorme contentezza nel tornare a casa, la grande intelligenza di Anna Cremascoli in un ambiente e in una società che erano però diversi da quelli che avevo lasciato. La presidente è stata la prima persona e forse anche l’ultima figura ai vertici di un club con cui mi sono confrontato anche a livello cestistico».

Eccoci ad Avellino.

«La curiosità nell’iniziare in un club che voleva ripartire con persone nuove tra me e Alberani e la fierezza di averla portata per due anni di fila a guardare veramente negli occhi i grandi, raggiungendo il massimo di ciò che avremmo potuto raggiungere. E il grande orgoglio pure per questa annata poiché malgrado una certa rivoluzione all’interno della squadra per motivi anche comprensibili di stipendi e di mercato, siamo ancora lì a competere».

L’intervista completa sulla Provincia di domenica 26 novembre

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