Scudetto del Milan
Con due comaschi

I fisioterapisti Bianchi (ex Pallacanestro Cantù e Como) e Luppi fanno parte dello staff di Pioli

Di gioie (e di dolori) nella Pallacanestro Cantù e nel Calcio Como ne aveva vissuti parecchi. Il fisioterapista Christian Bianchi, da tre anni al Milan, aveva vissuto il Grande Salto di Preziosi e poi la conquista della Supercoppa con Cantù. Ma stavolta lo scudetto del Milan, vissuto dall’interno, nello staff di Stefano Pioli, è stato qualcosa di inimmaginabile: «Roba da non credere: quando eravamo sul pullman sulla via dei ritorno, ci messaggiavano che c’erano 30mila persone, ma quando siamo arrivati ce n’erano anche di più. Chi c’era prima di me ha detto che nemmeno per la Champions si sono viste cose così». Che ci fa Bianchi al Milan? «La mia storia è ripetitiva: al Como ho vissuto le vittorie di Preziosi, ma poi sono rimasto a piedi dopo il fallimento. A Cantù ho vissuto gli anni di Sacripanti e Trinchieri, ma poi con il caos Gerasimenko non ce l’ho più fatta. Dopo pochi giorni che ero a piedi è arrivata la telefonata del Milan, inizialmente per la Primavera. E dopo un anno è arrivata la chiamata della prima squadra».

Grande esperienza: «Grande organizzazione, tutto bellissimo. Io seguo le partite in campo, sono il primo a intervenire nello spogliatoi in caso di infortunio. Siamo una quadra di una decina di persone, tra fisioterapisti nutrizionisti. Com’è lavorare con Ibra? Lui è un signore, tratta tutti molto bene. Normale».

Lo scudetto del Milan ha anche un’altra tinta comasca. Andrea Luppi, uggiatese, dottore in scienze motorie e in fisioterapia, fa parte infatti dello staff medico e collabora con lo staff tecnico/atletico dei rossoneri, e alla corte di Stefano Pioli svolge il ruolo di riatletizzatore.

Si occupa dell’ultima parte del percorso di recupero funzionale dell’atleta infortunato; al termine della fase di riabilitazione viene programmato un periodo in cui il giocatore deve sostenere allenamenti in palestra e su campo che lo portano a essere poi idoneo al rientro con la squadra.

Con la voce ancora rotta dall’emozione Luppi, classe ’85, racconta le emozioni di questo grande traguardo: «Se ripenso a domenica ho ancora i brividi. Ci voleva un trionfo così. Io sono al Milan da nove anni, questo è il mio primo tricolore, mentre avevo già vinto la Supercoppa a Doha a fine 2016 con Vincenzo Montella in panchina. Dopo le partite contro Hellas Verona e Atalanta eravamo carichi, poi con il Sassuolo già all’intervallo l’obiettivo era vicino e al triplice fischio è iniziata la festa».

Un trionfo collettivo, anche se, tra tutte, due sono state le figure fondamentali per il cambio di mentalità del Milan che si è poi tradotto in un miglioramento nei risultati: «Pioli e Ibrahimovic ci hanno permesso di fare un salto di qualità. Il nostro tecnico è una grande persona, un signore che, guardando partita per partita, ha amalgamato un gruppo perfetto. Zlatan, invece, dal suo arrivo ha cambiato la mentalità di tutti, richiede tanto in settimana ma in campo ricambia con super prestazioni. Con lui bisogna dare sempre il 110%».

Ma il lavoro di Andrea Luppi in che cosa si traduce effettivamente? «Insieme a un altro collega mi occupo della fase che precede il rientro in squadra del giocatore infortunato. In seguito alla prima fase prettamente fisioterapica ci prendiamo carico dell’atleta cercando di “riatletizzarlo” ossia di riportarlo a valori di performance atletica e gestualità tecnica simili al pre-infortunio gestendo sia la parte di palestra che la parte di allenamento su campo».

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