Visciglia: «Ho rivinto lo scudetto
e rimango a Cantù e al Pgc»

Parla il tecnico dell’Under 16 campione d’Italia: «Che belli i complimenti ai ragazzi»

Quel dolce risveglio tricolore. Il piccolo Leonardo da una parte e Beatrice, con nascitura in pancia, dall’altra. Antonio Visciglia, allenatore campione d’Italia con l’Under 16 del Progetto Giovani Cantù, questa emozione l’ha già vissuta. Ma, adesso che stanno per diventare in quattro, è ancora più bello e intenso.

E ha il tempo, Totò, per fermarsi a ripensare a quel che è stato prima di reimbarcarsi subito nel pianeta basket con un camp in Svizzera che lo chiama a gran voce. Un pelo di più adesso che, nel giro di due anni solari, ha conquistato un altro tricolore, dopo quello del Pianella con l’Under 20.

Quanto hai dormito, coach?

Nell’ultima settimana o nell’ultima notte?

Nell’ultima settimana e nell’ultima notte...

A Bassano molto poco. Si andava a letto alle 4/4.30 e ci si alzava alle 6.30. Mattia Costacurta, il mio vice, non era abituato. E forse ha patito di più. La notte dopo la vittoria, invece, a casa tutto è stato un po’ più normale. I giusti festeggiamenti, là sul campo, poi il rientro poco dopo le 2.

Ma chissà che soddisfazione...

Grandissima. L’anno scorso, dopo il ko in semifinale, avevo detto a questo gruppo di stare tranquillo e che l’avrei portato più avanti.

Scommessa mantenuta, dunque.

Con il lavoro in palestra che abbiamo fatto, non poteva che essere altrimenti. E con i giorni che passavano mi convincevo, e si convincevano, che si poteva tentare. Quando ho detto loro “andiamocela a prendere” ho trovato un gruppo vivo e ben presente. Con l’ansia che non ha mai preso il sopravvento. Non avevo, insomma, ragazzi tesi o paurosi. E ci siamo buttati su questo scudetto.

Cammin facendo, anche nelle finali, il crescendo è stato pazzesco.

Abbiamo patito un po’ nelle prime due partite, contro formazioni decisamente più deboli. E forse il fatto di esserne consapevoli ci ha giocato un brutto scherzo. In più, nella testa, avevamo l’immagine di Lanzi, uno dei nostri leader, che si era scavigliato solo tirando... La seconda partita è stata ancora più difficile, vista anche la rincorsa dei primi venti minuti.

Poi le cose sono cambiate...

Un momento.

Un momento cosa?

Avevamo un altro tipo di problema. Mirkovski e Procida, i nostri terminali offensivi, non la mettevano mai. E così è stato anche nella terza partita con Treviso. Meno male che avevamo una squadra lunga.

Quindi?

Quindi nel giorno di riposo abbiamo lavorato sulla testa dei due ragazzi.

E i risultati si sono visti...

Altroché. La pausa ci ha fatto bene e ripartire con quel 5 su 5 da tre con un Procida protagonista ha dato il “la” al successo.

Non vi siete più fermati.

Abbiamo acquistato sicurezza, abbiamo dimostrato di essere una grande squadra.

E profonda, anche nella panchina.

La sfortuna che ci ha perseguitato per tutto l’anno, vigilia e finali comprese, alla fine, è stata la nostra fortuna.

In che senso?

Nel senso che ci siamo abituati a giocare in tanti. E anche quelli che rischiavano di avere meno spazio hanno avuto l’opportunità di maturare esperienze importanti. Prendete Banfi, ad esempio: decisivo nel momento decisivo.

Quindi non avete avuto neanche il tempo per piangervi addosso.

Mai. E vi dirò di più. Solo noi abbiamo giocato sempre in dodici. La nostra forza, che ci è stata riconosciuta anche dagli altri.

E tu, un’altra volta, hai portato a casa il premio del miglior allenatore...

Ma quel che più mi sta a cuore sono i complimenti ai ragazzi per il nostro gioco. Ad esempio Giordano Consolini, tecnico della Virtus e guru dei settori giovanili, nell’intervista post partita, su due minuti ha parlato per un minuto e mezzo dei nostri meriti.

Quanto è diverso questo scudetto dall’altro?

Per prima cosa cambia la location. Il tutto esaurito del Pianella fu impressionante. Là poi arrivavano a conclusione di un ciclo durato quattro anni. Qui siamo solo al secondo.

E davanti, però, ce ne sono altri due.

Pronti via troveremo subito quattro del 2001 fantastici, che sono forse quello che manca a questo gruppo. E a quel punto avrò un gruppo spaziale, come mai mi è accaduto in questi 17 anni di allenatore.

Lo scudetto val bene una dedica.

A mia figlia che sta arrivando. Ma soprattutto a Bea, che mi ha sempre sostenuto, che mi tiene su nei momenti più delicati e che mi dà una carica bestiale.

Non hai ancora pensato di fare il grande salto in una squadra senior vera?

Aspetto l’occasione giusta. Non nego di averne avute anche quest’anno, ma per convincermi devo trovare una soluzione che mi permetta di crescere ancora e migliorare sempre. Un progetto giusto, insomma. E nell’attuale lo vedo solo qui, nel Pgc.

Ti senti il Sacripanti del 2020?

Ahahah. Pino è un grande amico oltreché un maestro dal quale imparare sempre. Ma è ancora un po’ presto.

Non ti chiediamo il messaggio più bello,per non costringerti a fare classifiche, ma quello che più ti ha colpito.

Di Bruno Arrigoni, senza dubbio. È stato carino e molto spiritoso, come il suo solito.

Edoardo Ceriani

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