Ciclista morto, destino beffardo
«Era a due giorni dalla pensione»

Patrizio Arnaboldi, 59 anni, originario di Fecchio e residente a Cucciago, lascia la moglie e una figlia ventenne. Retroscena sulla tragedia di sabato a Cantù rivelato dal fratello: «Era felice del traguardo vicino»

Al dolore, si aggiunge l’amarezza per una nuova fase della vita di Patrizio Arnaboldi, 59 anni, di Cucciago - ma originario di Cantù - che non potrà aprirsi, dopo l’incidente mortale che sabato mattina ha cambiato il corso del destino suo e dei suoi familiari, in sella alla sua bici da corsa, in via Vergani. Perché, ancora due giorni, e, con l’inizio del mese di giugno, Patrizio avrebbe smesso di lavorare.

«Mercoledì - riesce a dire il fratello Emilio Arnaboldi - Patrizio sarebbe andato in pensione. Era tutto contento». Arnaboldi era anche marito e padre: sposato, con una figlia ventenne.

Operaio tessile, origini a Fecchio

Sono alcuni elementi che emergono a poche ore dall’incidente avvenuto in centro città. Patrizio era originario di Cantù, più esattamente di Fecchio, la frazione - che, a poca distanza dalla centrale zona di Galliano - si snoda attorno a via per Alzate. Operaio nel settore tessile per una vita, fra pochi giorni avrebbe avuto più tempo per dedicarsi alla famiglia, alla sua bici, alle sue passioni. Sabato, verso le 10.30, ha invece perso il controllo della sua bicicletta mentre percorreva via Vergani nel tratto da largo Adua a via Como. Un tratto leggermente in discesa. All’improvviso, la bici ha invaso l’altra corsia, con i veicoli che procedevano nella direzione opposta, verso il centro.

L’ipotesi di un terzo veicolo

La Renault Clio coinvolta nell’incidente ha provato a evitare il ciclista, stringendo sul margine destro della carreggiate al punto di andare a sbattere, poco dopo la pizzeria Le Vigne, con un’auto parcheggiata a bordo strada.

Si è formulata, in un primo momento, l’ipotesi del malore. Che potrebbe anche non essere l’unica da scandagliare. In famiglia, c’è chi pensa anche alla reazione avuta in conseguenza, questa l’ipotesi, di un terzo veicolo. Che magari si è spostato in modo brusco o improvviso.

La dinamica, al vaglio della polizia locale di Cantù, come si è detto, è ancora da verificare nei dettagli. E non sarebbe così semplice da ricostruire. Sembra che, dopo essere finito nell’altra corsia, il ciclista abbia avuto un contatto con la portiera del conducente della Clio. Per finire quindi a terra.

Vani i tentativi di rianimare Arnaboldi da parte degli operatori sanitari del 118: l’uomo è morto poco dopo, all’arrivo in ambulanza – è intervenuto anche l’elisoccorso - al pronto soccorso all’ospedale Sant’Antonio Abate di Cantù. «Non ci sono parole per quello che è successo», riesce ad aggiungere appena il fratello.

Prima di concedere il nullaosta per i funerali, la Procura di Como valuterà la possibilità di procedere con un esame autoptico.

Christian Galimberti

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