Costa Concordia, il grazie allo chef
«Paolo Maspero ci ha salvato la vita»

Il ristoratore umbro Trotti nel decennale della tragedia al Giglio: «Ogni anno ci incontriamo. Quest’uomo di Cantù ha aiutato la mia famiglia e tanti altri a raggiungere le scialuppe di salvataggio. Erano momenti concitati, di panico»

Sono stati salvati da Paolo Maspero, oggi 49 anni, di Cantù, all’epoca executive chef della Costa Concordia. Anche lui a bordo, dieci anni fa, il 13 gennaio del 2012, quando la nave finì sugli scogli davanti all’Isola del Giglio.

«Non salvò soltanto noi: ne salvò tanti altri, quella notte. Quando non era con noi, era perché stava salvando altre persone. La maggior parte sono morti lì, nella Sala Milano. Dal quarto piano in giù: è lì che è stata la situazione più grave. E lui è riuscito a portarci via. Prima, eravamo lì al tavolo a cenare», racconta a La Provincia, dall’Umbria, Umberto Trotti, 44 anni.

«Io, mia moglie e i due bimbi»

«Ci ha salvato - racconta l’uomo, ristoratore all’Osteria del Trap, a Ferentillo, Terni - Eravamo io, mia moglie e i figli, una di 6 mesi e l’altro di 2 anni. Ne siamo usciti piano piano, da questa vicenda. È stata lunga e sofferta. Ogni anno che ricordiamo questo disastro, ritornano in mente parecchie cose brutte. Ma cerchiamo di essere positivi».

«Quello che è successo con Maspero è stato qualcosa di divino - dice - Quando il destino dice che devi vivere... Eravamo nella Sala Milano: al momento del naufragio siamo entrati nell’unico posto dove c’era l’illuminazione, la cucina. E lì lui ci ha accolto molto gentilmente. Ci mise nel loro ufficio, dove c’era la comunicazione di tutta la nave. Ogni volta che chiamavano, lui rispondeva, diceva qual era la situazione. A un certo punto, dovette andare nell’emergenza. Noi restammo lì, in protezione. Dopo che si è rigirata la nave, noi eravamo ancora lì». La situazione peggiora.

«L’acqua iniziava a entrare dalle grondaie, diciamo, della cucina. E lui è stato forte e bravo: è ritornato giù a prenderci - ricorda - Da lì c’è stata tutta una serie di situazioni, secondo me molto fortuite. Ci sono stati, purtroppo, anche dei morti. Proprio vicino a noi. Quindi: siamo stati molto fortunati».

«L’ho rivisto e abbracciato»

«La coincidenza grande è che, il giorno dopo che questa persona ci ha salvato, l’abbiamo incontrato all’Isola del Giglio, la mattina. Sono andato ad abbracciarlo - aggiunge - Parlando, gli ho chiesto chi fosse. Lui mi disse che era di Como. Io gli dissi che ero di Ferentillo, provincia di Terni. Lui mi rispose: “Io Ferentillo la conosco bene”. “Ma come?”. E mi spiegò che una decina d’anni prima aveva cucinato al matrimonio del figlio di un ristoratore, nella mia zona, che la sera gli offrì la cena proprio nel mio ristorante. Che destino. Era venuto a mangiare nel mio ristorante la persona che mi ha poi salvato dentro la nave. Non l’ho mai raccontato ma mi fa piacere dirlo ora. Più destino di questo non esiste... Quattromila passeggeri, e chi mi salva? Una persona che era stata a mangiare anni prima da me. Lui mi disse: “Ci voglio tornare, in quel ristorante”. Gli dissi: “Scherzi? Guarda che sono io il ristoratore”. Una cosa incredibile. Misteriosa».

«Ho perdonato Schettino»

«L’anno scorso - aggiunge - ho rischiato di morire per il Covid. Un’altra situazione importante nella mia vita. Ho perdonato il comandante Francesco Schettino: gli errori li facciamo tutti, sbagliare è umano. E se non c’è un perdono nella vita, non c’è umanità. Io e Maspero, al netto di questa situazione del Covid, ci vediamo tutti gli anni. Siamo sempre in contatto. Ci facciamo gli auguri. I miei figli li chiama nipoti. Da una tragedia, una storia veramente bella. Anche perché è una persona veramente umana. Ha un cuore d’oro. Una persona che fa tanta, tanta solidarietà. Una persona squisita, molto, molto riservata. Ma con un cuore grande. Nell’emergenza del terremoto in Umbria, è stato uno dei primi a cucinare per tutti i terremotati nella mia Valnerina. Un luogo che ama. Dove serve aiuto, lui va».

Christian Galimberti
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