In piazza per il capannone “moschea”. Ma non neghiamo la libertà di culto»

Il caso Confermato il corteo di domani voluto dal centro islamico, opposizioni e associazioni. Latorraca: «Una piaga per Cantù». Galbiati dura: «Parla da consigliere o avvocato di Assalam?»

Sabato l’associazione islamica Assalam, con i gruppi di opposizione e decine di associazioni, sfilerà per le strade di Cantù in una manifestazione a favore dei diritti civili, della libertà di culto, per tendere una mano all’amministrazione e riaprire il dialogo. Il capogruppo di Lavori in Corso Francesco Pavesi si è anche offerto come mediatore, per trovare una soluzione in una vicenda nella quale «una posizione semplicistica non è ammessa».

Ma, dato il tono altamente conflittuale del dibattito andato in scena l’altra sera in consiglio comunale, pare davvero difficile, al momento, che si trovi un punto d’incontro con la maggioranza, che ha ribadito ancora una volta con fermezza di aver solo fatto rispettare la legge, come farebbe con qualunque cittadino italiano.

Latorraca: «Viviamo una vicenda che a mio giudizio rappresenta una piaga nella nostra città. Assalam da molti anni chiede di poter esercitare il diritto di culto, un diritto fondamentale, ma questo non le è concesso»

Oggi il Comune, sulla base della pronuncia del Consiglio di Stato che ha accertato che l’utilizzo a luogo di culto del capannone di via Milano è abusivo, contesta che l’associazione non ha ottemperato all’ordine di ripristinare un uso conforme alla legge. Per questo intende procedere a quella che tecnicamente non è una confisca ma un trasferimento della proprietà al patrimonio del Comune, atto che Assalam ha impugnato.

Vincenzo Latorraca, consigliere di partito Democratico, Unire Cantù e Cantù con Noi, in apertura della seduta ha portato il tema all’attenzione dell’assemblea: «Viviamo una vicenda che a mio giudizio rappresenta una piaga nella nostra città. Assalam da molti anni chiede di poter esercitare il diritto di culto, un diritto fondamentale, ma questo non le è concesso. Ritengo che nostra città debba riscattarsi, non è possibile pensare che Cantù, città per molti versi nobile, aperta, cuore pulsante dell’associazionismo, non possa garantire uno dei diritti fondamentali previsti dalla Costituzione a persone che vivono, lavorano, sono integrate nella città. È inaccettabile».

Il sindaco Galbiati: «È stucchevole che si voglia attribuire a questa amministrazione la vessazione della libertà di culto»

La replica del sindaco Alice Galbiati è stata sferzante: «Parla come consigliere o come avvocato dell’associazione - ha esordito - perché il ruolo è abbastanza ambiguo. Qualcuno ricorda come è iniziata questa vicenda giudiziaria? Con provvedimento del 29 maggio 2017 e un’ordinanza del 26 giugno 2017. E chi amministrava? Forse non questa amministrazione».

No, governava Lavori in Corso, anche se, al momento dei due atti, Latorraca, allora nella civica, aveva già rassegnato le proprie dimissioni da assessore da tempo. «Cosa ci dice questo? - ha proseguito il sindaco – Questo ci dice che le leggi vanno rispettate, ci dice che gli uffici, a prescindere dall’amministrazione, fanno il loro lavoro e se c’è qualcosa che non va bene, se c’è un uso abusivo, va sanzionato. È stucchevole che si voglia attribuire a questa amministrazione la vessazione della libertà di culto». Posizioni inconciliabili. Francesco Pavesi di Lavori in Corso vorrebbe però che si cercasse una mediazione, «assumendoci il ruolo di trovare una soluzione, immaginando che lo svolgersi di questo diritto, il diritto di culto, sia un bene per la comunità se avviene in maniera ordinata, serena, fraterna».

Una vicenda intricata, ha continuato, per questo «mi offro, nell’autorevolezza che il consiglio in diverse occasioni mi ha riconosciuto, per essere, riconoscendo parte di ragione in entrambe le parti, funzione di mediazione per favorire il dialogo».

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