«Io, volontario tra i malati
Ogni giorno è una tragedia»

Cosimo Prete di Tavernerio è in Val Brembana, in missione con la Croce Rossa di Cantù. «Una situazione terribile, ogni giorno assistiamo a persone che muoiono»

«Manca quel contatto diretto coi pazienti che ne avrebbero bisogno: vederli soffrire e morire senza familiari è straziante».

Parole forti quelle che arrivano dal dottor Cosimo Prete, residente a Tavernerio e in servizio come medico di Medicina interna a Cantù, che come volontario della Croce Rossa negli anni è stato in molte missioni all’estero, recentemente in Mozambico.

Ora è stato chiamato per dare manforte agli ospedali bergamaschi nella prima linea contro il Covid-19. È stato destinato all’ospedale di San Giovanni Bianco, in Val Brembana.

«Non è stata una scelta semplice, ma l’ho condivisa con la mia famiglia – racconta – Sono stato destinato all’ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo e da lì mi hanno trasferito in questa struttura della Val Brembana, che è stata riconvertita totalmente per ospitare 69 pazienti, tutti affetti da Covid-19. I colleghi medici del posto hanno accolto il nostro supporto e aiuto, perché la situazione qui è davvero drammatica. Ho vissuto teatri di povertà e guerra all’estero, mai avrei pensato di vedere e vivere una situazione del genere a pochi chilometri da casa mia».

Il medico di Tavernerio non nasconde la commozione nel descrivere quello che ha visto e vissuto in queste due settimane di missione, che termineranno domenica prossima: «Ogni giorno assistiamo a persone che muoiono, è una cosa straziante: famiglie che hanno avuto anche più di un lutto. Coppie di mariti e moglie, che a distanza di poco tempo hanno perso la vita – racconta – Un esempio su tutti: due notti fa è morto un anziano, ovviamente solo, perché i parenti non possono assolutamente accedere. Pochi letti più in là è ricoverata anche la moglie. Abbiamo dovuto informare i familiari a casa e anche la moglie. Per questa famiglia un triplo dolore: la morte del padre, l’impossibilità di essere vicini ai loro genitori e soprattutto di non poter consolare la mamma, in condizioni serie. Non ci sono parole per descrivere quello che viviamo».

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