«Sharon, sei sempre con me
Voglio giustizia, non vendetta»

La lettera di Silvia Barni alla figlia di 2 anni, morta lo scorso 11 gennaio a Cabiate: «Dammi la forza di non arrendermi. Quel giorno sono stata ingannata più volte»

«Bambina mia, Sharon. Esco dal mio silenzio solo per te. Tu sei nella luce e non mi dimentichi. Tu sei il mio aiuto. Non capisco come, ma tu conosci il cammino per arrivare a me. Dammi la forza di non arrendermi. Stammi accanto ora che ho perso ogni certezza. Ti ho avuta che ero ancora ragazza e hai subito illuminato la mia vita. Ti ho custodita tra le mie braccia e cullandoti mi immaginavo un futuro dove saremmo cresciute insieme, io mamma e tu figlia. Saresti presto diventata anche come una sorella. Ora che un tragico destino ha spezzato i nostri sogni penso al tuo sorriso. Rivedo il tuo volto, accarezzo i tuoi capelli. Come quando mi venivi incontro al ritorno a casa dal lavoro e mi facevi le feste e volevi che, dopo mia mamma, io ti prendessi in braccio per uno scambio di coccole: tu a me e io a te. Quanta dolcezza in te piccola bambina».

Inizia così la lettera che Silvia Barni, la mamma di Sharon, ha scritto alla sua bambina di due anni morta a inizio gennaio nella casa di Cabiate: Gabriel Robert Marincat, 25 anni, che doveva accudire la piccola, è invece ancora in carcere con l’accusa di averla uccisa a botte.

Silvia Barni, nella sua lunga lettera, scrive anche che «quel maledetto pomeriggio dell’11 gennaio ho chiamato tante volte e sono stata ingannata. Mi veniva detto che stavi bene, che era tutto a posto. Ma sentivo nel cuore che c’era qualcosa di sbagliato».

«Purtroppo i miei timori si sono rivelati fondati, non quelli di una persona eccessivamente ansiosa ma di una mamma giustamente preoccupata».

La piccola, portata in ospedale in elicottero, è poi morta poco dopo. «Improvvisi il freddo e il buio sono calati dentro di me. La persona con cui da pochi mesi avevo messo su famiglia e che diceva di volerti bene continuava a ribadire che ti eri fatta male in un incidente domestico. Nella tragedia si nascondeva invece una crudele, irrazionale, inaccettabile verità».

E conclude: «Non cerco vendetta ma giustizia. Per te, mia amata creatura. In un pomeriggio ho perso te mia adorata e ho perso la fiducia e il sentimento di chi era al mio fianco. Ho perso tutto. Mi stringo a te, piccola mia bambina. Sono tornata figlia dopo essere stata madre. Solo mio papà e mia mamma, e mia sorella, con il loro dolce abbraccio, mi confortano e mi danno ancora una speranza. Ciao Sharon, resta con me».

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