Sparatoria di Cantù
Andrea inizia a ricordare

Con cautela il barista ferito a colpi di lupara viene aiutato a ricostruire l’evento del 4 agosto. La sorella: «Ha dei flash anche delle persone presenti». Intanto lo affiancano uno psicologo e uno psichiatra

Quasi dei flash. Immagini che, a poco a poco, riemergono dalla memoria. Dove, per il trauma di quei due colpi di fucile a canne mozze, erano state sepolte. Sta iniziando a ricordare, Andrea Giacalone. Inizia a mettere a fuoco alcuni particolari di quello che è successo nella notte tra il 3 e il 4 agosto in via Corbetta, quando è stato raggiunto all’addome e alla testa da due proiettili.

L’inizio di una lotta tra la vita e la morte. Vinta, in quattro settimane, dal barista del Manhattan Cafè di via Dante. Ora, sulla strada di un delicato recupero.Grazie ai medici dell’ospedale Sant’Anna di San Fermo, struttura da cui è stato dimesso giovedì dopo un recupero che ha del miracoloso, Jack sta iniziando a comprendere parte del quadro generale.

E alcuni elementi. A cominciare proprio da chi l’ha ridotto nel limbo nero. In questo percorso verso il ricordo e la conoscenza, Jack, sullo, sfondo, si sta rendendo conto che quella sera c’era anche Antonio Manno: il 21enne che gli ha sparato quei due colpi di lupara per gelosia.

Le prime ore di Giacalone in via Grandi, a casa con la famiglia, sono segnate da una forte volontà di proseguire verso la riabilitazione. A dare qualche elemento su come abbia affrontato l’uscita dall’ospedale, a margine della festa a sorpresa di benvenuto dove sono arrivati, t-shirt con il suo volto impresso e striscione di benvenuto, decine di amici, è la sorella Rosanna, lei stessa testimone di quei momenti. Solo la fortuna ha voluto che per il colpo in pieno volto non ci fossero danni alle aree del cervello determinati per il linguaggio e il movimento.

Altri dettagli e immagini sul giornale in edicola sabato 10 settembre.

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