Gli elettori e le promesse dei politici

Poveri noi comuni cittadini, elettori di una classe politica che troppo spesso ci disprezza con degli appellativi, con degli epiteti, ignoranti e arroganti, a seconda di quale sia il nostro orientamento politico, salvo poi ritornare sui propri passi al giungere di nuove elezioni. Solo in quel caso diventiamo davvero rispettabili e importanti. Nella storia repubblicana della nostra Nazione siamo passati dall'essere comunisti mangiatori di bambini, e quindi scomunicati, se votavamo PCI a rozzi e arroganti se votavamo Lega. Ci siamo anche sentiti etichettati qualora avessimo votato Italia dei valori, e oggi che sulla scena politica appare una nuova formazione, Futuro e Libertà se dovessimo votarla chissà con quale termine ignobile verremmo bollati, aspettiamoci anche questa. Abbiamo preso persino dei coglioni, oggi ci danno degli italioti rincoglioniti dalle televisioni. Ad insultarci ci sono di volta in volta anche intellettuali di vario orientamento politico, o semplicemente presunti intellettuali o intellettualoidi. Forse più semplicemente la politica evolve, le persone cambiano, le idee progrediscono, e come diceva un vecchio detto: quando il dito indica la luna l'imbecille guarda il dito!

Renato Meroni

Si può anche essere italiani che studiano, che lavorano (quando riescono a trovare il lavoro), che pagano mutui e tasse, che rispettano ogni e qualsivoglia regola, che posseggono una coscienza civile e che credono agl'intenti (alle promesse) della classe politica. E che quando la classe politica ripudia gl'intenti e tradisce le promesse, prima s'indignano, poi protestano, infine se ne vanno per la loro strada. Non credono più che qualcosa di sensato possa succedere in un Paese governato dagl'insensati e, non avendo l'ardire -o non avendolo più, essendo passata l'età giusta- ddi filarsela all'estero, stanno qui (sono costretti a stare qui) , ma rifiutano di starvi come vi stavano prima. Cioè: continuano a rispondere alla loro etica e obbediscono agli obblighi cui obbedivano prima (chissà, si domandano, perché lo facciamo: ma una misteriosa voce gli dice di seguitare a farlo) e però di votare, eh no, di votare non ne vogliono più sapere. Perché è un diritto cui talvolta si ha quasi il dovere di ribellarsi. Lei dirà, caro amico, che questo è qualunquismo. Salga su un autobus, prenda un treno, entri in un bar, in un supermercato, in ufficio pubblico (eccetera): vedrà che i qualunquisti sono così tanti da far pensare che non lo siano affatto. E se ne preoccuperà, come se ne dovrebbe preoccupare - e non se ne preocccupa minimamente - la classe politica.

Max Lodi

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