Cara provincia
Domenica 20 Settembre 2009
In missione all’estero senza una linea
Restare o ritirarsi dall'Afghanistan? Il problema è che non c'è un pensiero condiviso all’interno del governo
Quando l’altra sera ho ascoltato le dichiarazioni di quell’onorevole tenente dei Paracadutisti, del quale non ricordo il nome, mi sono commosso e inorgoglito al tempo stesso, perché anch’io, nel lontano 1955, quando iniziai la mia breve carriera militare, come ufficiale di Cavalleria, conoscevo i rischi della mia scelta. Sono altresì fiero, perché a livello familiare, dal babbo, prima guerra mondiale, a mio fratello, seconda, per completare con mio figlio, missione di pace in Bosnia, abbiamo servito la Patria, come dovrebbero tutti gli abili al servizio, perché quel concetto espresso dal tenente, purtroppo, sulla sedia a rotelle, conferma che le nostre Forze Armate sono al servizio dello Stato, in altre parole sopra le parti, anche se a disporne, alla fine, sono i politici. Dopo le dichiarazioni di alcuni familiari dei caduti, mi sento più italiano di quello che già sono. Non baratterei il mio passaporto, così come non canto l’ “internazionale” o “bella ciao" e saluto col pugno chiuso, ma dopo avere ascoltato le affermazioni di Bersani e della De Gregorio Ballarò. Quei due non sono italiani, sono comunisti, anzi disfattisti. Dimostrano di avere scarso acume politico, perché ormai dovrebbero avere capito che per “vincere” non bisogna parlare troppo, ma soprattutto, male del Cavaliere.
Giovanni Bartolozzi
Al solito, in queste tragiche situazioni ci rendiamo conto che esiste un Paese reale diverso da come lo crediamo. Meglio: da come ce lo fa credere il dibattito politico, che mette al centro argomenti immeritevoli perfino di trovar posto in periferia. La compostezza dei parenti delle vittime, l’orgoglio d’aver dato la vita dei loro cari per la patria (che una parte d’italiani continua a ritenere qualcosa di non risibile), lo spirito di servizio e il tratto umano dei vertici militari sono la testimonianza di valori che resistono a tutto. Anche all’invadente sciocchezzaio della quotidianità mediatica. Purtroppo l’esperienza insegna che simili vicende non portano a cambiare inveterate abitudini. Impongono una tregua, poi si ricomincia. Naturalmente nel segno dell’opportunismo più scoperto, quello che induce Palazzo Chigi a promettere mesi orsono a Obama un maggior impegno delle nostre forze armate in Afghanistan e che gli suggerisce adesso - sull’onda di umori popolari avversi alla spedizione - di paventare un ritiro delle truppe entro fine anno. La preoccupazione non è di temere che cosa si penserà di noi all’estero, ma di non avere - sulla materia - un pensiero condiviso all’interno del governo.
Max Lodi
© RIPRODUZIONE RISERVATA