La città si indigna per il "muro della vergogna"

Sembra di vedere un invaso idroelettrico

Tra riserve e scetticismo, misti a curiosità, alla fin fine i comaschi il cantiere a lago lo avevano quasi accettato; sbirciando nei pochi riquadri, non esaltanti, che sembravano feritoie da trincea; ma, soprattutto, stregati dall'effetto anestetizzante di una parola magica che suonava "riqualificazione del lungolago".
L'ultima sbirciatina ha però creato non solo allarme ma sconforto e sconcerto: al posto delle paratie, che dovevano scomparire sott'acqua (per restarci, statistiche alla mano, a tempo indeterminato, più probabilmente per sempre), ecco comparire un fortilizio di muro che oscura e cancella il lago mettendolo in trincea, come il nemico da seppellire per sempre.
I migliori paesaggisti e architetti stranieri (Libeskind, per esempio) hanno visto Como come una città sull'acqua, e che deve fare del rapporto con il lago l'elemento principale e qualificante di tutta la città.
Tra muri, paratie e colate di cemento a go-go, ora il nostro lago è stato ingabbiato e chiuso come un qualsiasi invaso idroelettrico.
Mancano solo le turbine.
E, a una città indignata di fronte allo scempio ormai compiuto, serafici amministratori rispondono che abbasseranno un poco il muro: ultima parodia della storia di un cantiere che ha rinchiuso il lago ma anche le porte ad ogni sensibilità e cultura.

Luigi Fagetti
Como


Lo scempio perpetrato sul lungolago è un delitto contro una meraviglia della natura e chi se ne è macchiato deve pagare. Lo sta chiedendo a gran voce una città intera, quella stessa che per molto tempo ha assistito in silenzio, un po' assonnata e quasi assente, ad altri scempi, ad altre intemperanze, ad una lunga serie di episodi fra l'odioso e il malinconico che la dicevano lunga sul carattere di quest'amministrazione ma che, da soli, non sono stati sufficienti a scalfire l'ormai proverbiale pazienza dei comaschi.
 Adesso il vaso è colmo e quel muro appare come la giusta nèmesi per la protervia e il costante, reiterato disprezzo delle opinioni altrui che hanno permeato la politica comasca di questi anni recenti. La verità è che la nostra Casta locale, preoccupata soltanto di spartirsi fette di potere a suon di poltrone e incarichi, o di incamerare gettoni e rimborsi, non s'è neppure accorta del mostro che stava crescendo in riva al lago. E quando glielo abbiamo fatto notare, subito hanno iniziato lo scarica-barile. Adesso tenteranno di fare in modo che a pagare sia il manovale che preparava la malta. Ma questa volta non può finire così, in un liberi tutti: la città dev'essere risarcita.

Pier Angelo Marengo

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