Il caso-Binetti e il confronto tra le idee

Una forza politica è tale quando riesce a mediare fra posizioni distanti che però hanno in comune l’idea di continuare a far parte dello stesso schieramento

Mi sembra fondata la critica alla senatrice Binetti a causa del suo voto contro l’inasprimento delle pene per reato omofobici. Ha ragione il senatore Marino; qui non si tratta di libertà di coscienza e la posizione del Partito Democratico è chiara: è grave che la Binetti si trovi, su questo tema, con le destre e non con il partito a cui ha aderito. Se è una persona seria e in buona fede, come penso, ne tragga serenamente le conseguenze: cambi partito. Non è un dramma se ha idee comuni con gli amici dell’Udc anziché con i colleghi del Partito Democratico: vada tranquillamente di là. Un Partito Democratico si trova naturalmente in imbarazzo nel decidere l’espulsione di chi la pensa differentemente. È lei che deve fare la scelta: se sta nel Pd non può votare con gli altri e se vota con gli altri non può stare nel Pd. Mi sembrano regole elementari: i partiti non sono dei tram dove ciascuno può salire e scendere a tutte le fermate. Siamo seri per favore. È più che legittimo avere idee diverse, nessuno la criminalizza, ma si sieda al posto giusto in Parlamento, per favore. Ancora una volte, mi sembra che Marino sia quello con le idee più chiare fra i candidati alle primarie: i sì devono essere sì e i no devono essere no. Un partito deve decidere, non è un cineforum.

Giuseppe Provasoli


Sul merito della questione, va detto che non sorprende l’atteggiamento della Binetti cosiccome d’altri cattolici. Essi han visto nella legge sull’omofobia il primo passo verso ulteriori e peggiori sbocchi: il riconoscimento legale delle unioni omosessuali con inclusione, in alcuni casi, della possibilità d’adottare figli. Scelte che contraddicono la rivelazione biblica e la morale naturale. Perché meravigliarsi del no della Binetti? Come la pensasse, lo si sapeva anche prima. Espellerla dal partito dopo, significa contravvenire alla ragione fondante del medesimo, contenuta nell’aggettivazione del nome: democratico.
Sarebbe meglio ricordarsi che una forza politica è tale quando riesce a mediare fra posizioni distanti che però hanno in comune l’idea di continuare a far parte dello stesso schieramento perché comunque preferibile a quello avversario. Se chi non segue l’indicazione del segretario dovesse ogni volta venir cacciato, rimarrebbero in pochi a costituire l’ossatura del movimento. Non solo: la scelta si presterebbe a una pericolosa nemesi, perché capita che il segretario (mica solo nel Pd) non sia d’accordo con se stesso, ribaltando orientamenti e decisioni. Un film così popolare da meritare il posto d’onore in un cineforum.

Max Lodi

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