L’integrazione e l’ora d’Islam nelle scuole

Ma se il suo scopo è di favorire un migliore accoglienza degli studenti immigrati, non pare una gran trovata


Un’ora di religione islamica per studenti islamici, come propone l’on. Adolfo Urso, mi pare un’idea da benedire e da portare avanti. Affidata però a docenti di religione e non a ministri del culto, come gradualmente, nel tempo, si è fatto da noi, con docenti di religione subentrati a parroci e a curati: insegnare religione è fondamentalmente diverso che fare catechismo. E che quell’ora di religione non rinunci al suo inconfondibile tratto confessionale, ché alla fine vogliamo essa ci consegni uno studente più convintamene islamico: accanto a uno studente più convintamene cattolico si può sperare di far muovere le giovani generazioni verso un’integrazione più vera e più producente. E da un banco di scuola si potrà allora ridere, sia pur dolorosamente, di quei catechismi di sagrestia e/o di stato che, in nome della religione, o in un appoggio ad una religione, per secoli e secoli, attraverso jihad e crociate, oltre a lutti e distruzioni, hanno seminato rancori che ancora inquietano il nostro quotidiano convivere.

Gianfranco Mortoni


La scuola non ha il compito di formare uno studente né al cattolicesimo né all’islamismo. Semmai d’informare sulla storia delle religioni e d’insegnare valori che fanno parte d’una cultura occidentale giudicata di radici cristiane perfino dai laici non radicali. L’idea d’inserire tra le lezioni un’ora dedicata all’islamismo, non mi pare una gran trovata se il suo scopo è di favorire un migliore accoglienza degli studenti immigrati. Sarebbero più le difficoltà che i vantaggi, più i problemi (per esempio: chi insegna e come?) che le soluzioni, più gli effetti ghettizzanti di quelli unificatori. L’integrazione viaggia su altri binari, che sono politici. E la scuola non dev’essere chiamata a supplire alla politica, specie quando -com’è in questo caso- traspare l’intenzione d’una mossa mirata ad accattivarsi benevolenze elettorali più che finalizzata ad acquisire un risultato concreto. L’Islam è un mondo complesso e assai diverso dal nostro, la grande migrazione in atto dai territori in cui è storicamente presente ad altri dove si sta affacciando suggerisce d’ospitarne i fedeli con rispetto. Ma senza opportunismi. L’integrazione avverrà naturalmente con il mischiarsi dei valori della quotidianità tra popoli differenti e con il succedersi delle generazioni. Il resto verrà dopo e da sé. Dicevano gli antichi: natura non facit saltus. Neppure (e tantomeno) lo fanno le religioni. Che c’insegnano come non solo a scuola impariamo cosa sia la vita (materiale e spirituale), ma anche sulla strada percorsa per andarci.

Max Lodi

© RIPRODUZIONE RISERVATA