Il Pd di Bersani e la via maestra delle elezioni


Franceschini e Marino hanno perso la gara delle primarie del Pd, riconoscendo subito la vittoria di Bersani e annunciando che lavoreranno volentieri con lui. In un momento nel quale la politica offre spettacoli indecorosi, mi sembra che l’esito di queste primarie sia da guardare con apprezzamento. Rimane un problema: sia Franceschini sia Marino avevano parlato di Bersani come del ritorno di ciò che è vecchio. Mi domando che cosa succederà ora: i due dovranno rinfoderare le proprie idee mettendosi al servizio del partito o sarà invece Bersani che rinuncerà a parte delle proprie per trovare un’unità d’intenti che nel Pd manca da tempo?

Gino Canali

L’unità d’intenti manca, nel Pd, fin dalle origini. Se ci fosse stata (e peccato che non ci sia stata) Veltroni non sarebbe rimasto vittima del fuoco amico dopo aver recuperato ai nemici del centrodestra gran parte d’una distanza elettorale - parlo della primavera 2008 - ch’era un abisso. Ma aver permesso la sopravvivenza a un partito destinato a perderla, non gli bastò a garantire la sua. Il risultato è che il Pd ha buttato via tempo e sacrifici, credibilità e consensi. Adesso Bersani prova a ricostruire ciò che si è distrutto. Con lui non ritorna il “vecchio”, ma un’idea d’opposizione diversa da quella di contrapposizione. Contrapposizione è dir di no a tutto e sempre, opposizione è dir di no qualche volta e dir di sì altre. Dipende dalla materia di cui si discute e dalle convenienze tattiche e strategiche. Se per esempio la maggioranza rivedesse la legge elettorale o favorisse un rafforzamento del bipolarismo con riforme costituzionali, perché la minoranza non dovrebbe rendersi disponibile a un’eventuale trattativa? Opposizione significa anche cercare alleanze tra quanti ne fanno parte: l’Italia dei valori certamente, ma anche (e forse soprattutto) l’Udc trovando un’intesa sui temi che stanno veramente a cuore alle fasce più deboli e trascurate della popolazione. Alle quali importa che vi siano lavoro, assistenza, servizi. E nulla o poco d’altro. Opposizione vuol dire infine radicarsi meglio sul territorio, preoccuparsi meno delle élite e più del ceto medio indistinto al quale ormai non appartengono soltanto i ricchi e i disperati. Questo tipo di opposizione - molto casereccia e poco americana - mi pare sia nelle corde di Bersani, un tipo refrattario alla demagogia e incline al razionalismo pragmatico. Pure lui ha l’obiettivo di mandare a casa Berlusconi, però non attraverso scorciatoie. Vuole mandarcelo per la strada maestra delle elezioni, quando il tempo verrà. Perché Franceschini e Marino non dovrebbero essere d’accordo?

Max Lodi

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