A salvarci dalla crisi sarà il dialetto?

Nelle nostre radici c'è l'antidoto ai mali di questo mondo

Cara Provincia,
ci salverà il dialetto che, come l’economia reale, è legato alle cose, alla vita, alle persone.
E per dialetto non intendo il lessico, giustamente soppiantato dall’italiano ufficiale, ma il modo di pensare che ne attraversa l’anima, modo cui basta una parola o una frase per smascherare gl’ingenui e scoperti infingimenti con cui l’ormai ripudiata finanza creativa c’inganna e ci può rovinare l’esistenza.
E, visto che tutto: teologia, politica, scienze, ecc., passa attraverso la lingua, sarà molto costruttivo leggersi, ad esempio, i versi romaneschi di un Belli, di un Pascarella, di un Trilussa: sinceri, forti, irriverenti, che non fregano nessuno e, che in più, pure divertono.

Gianfranco Mortoni
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 Se per dialetto s’intende, in un’accezione ampia, un ritorno alle cose più schiette e genuine, ad un pensiero più solido e ancorato a valori perenni, non privo di quella sana autoironìa che diventa elisir di lunga vita, credo che la sua ricetta sia invitante.
Naturalmente è una ricetta capace di lenire i mali dello spirito, certo non quelli del portafoglio, accessorio messo a dura prova in questi giorni dai rovesci della fortuna effimera.
Se guardiamo alle nostre radici, c’è materia per riflettere su come vanno le cose di questo mondo. E’ un po’ il segreto e la funzione dei proverbi, schegge di un pensiero fossile e  perenne, che i nostri vecchi si tramandavano oralmente e nei quali si rifugiavano per ritrovare una chiave di lettura, il senso perduto delle cose che sfuggono, il piacere di una battuta che strappa un sorriso anche nei frangenti più critici. Insomma, un sorso di rosolio per edulcorare le pillole più amare, compresa la beffa della finanza creativa.
Per cui, se crollano le borse e con loro va in pezzi tutto il mondo - un certo mondo - il povero ha buon gioco nell’atteggiarsi a saggio e può cavarsela con la battuta che Cicerone mette in bocca a Biante di Priene, uno dei Sette Savi: «Omnia mea mecum porto», tutto quel che ho lo porto con me. (E qui il copione prevede una bella risata).
Sarà contento il nostro buon Borzatta, anche se lui preferisce tuffarsi nei versi caustici di Carlo Porta o di Delio Tessa. Per sorridere in certi momenti ci vuole un coraggio da leoni: l’è el dì di mort, alegher!

Pier Angelo Marengo
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