Cara provincia
Giovedì 02 Ottobre 2008
Che fine hanno fatto i monaci del Tibet?
Il mondo si dimentica degli oppressi
Cara Provincia,
mi chiedo, ma la grave questione del Tibet esiste ancora o si è tutto risolto? Certo è alquanto singolare che, terminati in Cina i giochi olimpici, la campagna mediatica sulla libertà del Tibet si sia dispersa nel nulla.
Mi sorge il dubbio che finita la festa (olimpica) gabbato... il Dalai Lama, o no?
Un cordiale saluto.
Gianpaolo Ferrario
Como
È indubbio che la copertura mediatica, e la conseguente mobilitazione della società civile, non riesca a "tenere" sulla lunga durata. Vuoi per l’accavallarsi di notizie, vuoi per l’effetto-stanchezza, l’elenco delle "battaglie" affossate è interminabile. Chi si ricorda più dei monaci birmani? Eppure le figure dei religiosi in arancione e delle loro marce di protesta duramente represse avevano fatto il giro del mondo e avevano monopolizzato le prime pagine dei giornali. Esistono poi delle "crisi di nicchia", ovvero eventi terribili generalmente ignorati dai media salvo quando ad occuparsene sono le star di Hollywood: ed è, ad esempio, il caso dell’emergenza umanitaria in Darfur (test velocissimo in presa diretta: alzi la mano chi ha un’idea precisa di dove si trova il Darfur...). Detto questo, non tutte le colpe ricadono sulla memoria a brevissimo termine dei media. Quando entrano in campo gli affari - e il caso della Cina da tenere buona in quanto colosso emergente è emblematico nella vicenda Tibet - allora la smemoratezza diventa d’obbligo.
E a farne le spese non sono allora solo i tibetani, ma tante altre popolazioni del mondo, le cui sofferenze scompaiono, prima ancora che dagli schermi tv e dalle pagine dei giornali, dai tavoli ben più importanti dei leader mondiali. Oddio, non è che poi ci sia molto da fidarsi dei grandi del mondo: a volte certe dittature (da Gheddafi fino a certe città-stato dell’estremo oriente) sono «imprescindibili» partner strategici, vicini scomodi da tenere buoni o fornitrici di materie prime. E in quanto tali, non vengono criminalizzate. In questo caso non c’è traccia di mobilitazione a favore di democrazia e diritti per le popolazioni oppresse. Altre volte i grandi della Terra (il club del G8 ad esempio) decidono che un leader è un dittatore: allora qualche speranza in termini di mobilitazione sotto forma di aiuti e pressing diplomatico c’è. Ma ci sono anche rischi tremendi:può scattare la "guerra umanitaria". Il risultato finale comunque è sempre lo stesso: gli oppressi difficilmente hanno scampo.
Pier Carlo Batté
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