Egregio direttore,
vorrei esternare alcune riflessioni legate al caso doping al Tour de France.
Essenzialmente quello che ha reso la misura colma e, profondamente disgustato, una sincera e convinta appassionata di questo splendido sport, è la falsa ignoranza di quelli che incensano e subito dopo affossano con altrettanta facilità dall’oggi al domani il Riccò di turno.
Scrolliamoci di dosso questa falsa ipocrisia e poniamo all’attenzione pubblica il vero problema: o si continua a pretendere di assistere a performance al di sopra di qualsiasi livello umano, accettando l’evidente pratica sottesa del doping o si asseconda uno scadimento dell’impatto emozionale della prestazione sportiva.
E’ il vecchio adagio del cane che si morde la coda, alimentato dai crescenti investimenti monetari da parte di sponsor e dai media che come già detto un giorno osannano e il giorno dopo si inorridiscono davanti ai casi di doping.
Per concludere, a mio avviso, siamo davanti ad una macchina sfuggita a un controllo razionale dove i corridori sono ingranaggi obbligati a muoversi sotto l’impulso di direttori sportivi conniventi, che puntualmente, declinano ogni responsabilità nel momento dello scandalo.
Distinti saluti.
Antonella Corengia
Rispondo partendo dal fondo. I corridori hanno piena coscienza di quello che fanno e quindi non possono essere definite vittime o, quantomeno, sono vittime consenzienti. Quando all’incensare i ciclisti ognuno risponde personalmente di quello che fa. E’ vero però che questo difetto non è proprio solo di alcuni media bensì di una bella fetta del "popolo" del ciclismo. Basti pensare a quanti ancora, sulle strade di tutta Italia, considerano Marco Pantani una specie di eroe nonostante la sua tragica fine abbia perfettamente illustrato in quale baratro era finito a causa della droga. Una parola, infine, sugli sponsor. Questi scandali li fanno solo scappare dal ciclismo professionistico, tanto è vero che dopo la Telekom, tanto per citare un nome, anche uno sponsor storico come la Saunier-Duval, dopo questo scandalo, sta pensando di lasciare lo sport. In conclusione: il doping fa male non solo alla salute ma anche al portafoglio degli atleti che non potranno contare più su ricchi contratti.
Gabriele Valentini
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