Federalismo, questa è la prova decisiva

Su questo temma il nascituro governo si gioca la partita

Un giorno chiesi al sindaco di Gauting in Baviera come finanziava le sue spese. Mi disse che l’11% della imposta sul reddito dei suoi cittadini andava al comune. Questo è il federalismo fiscale: la ripartizione delle "imposte", e non delle tasse come erroneamente spesso si dice, fra gli Enti che amministrano la cosa pubblica. Bossi si trova di nuovo in parlamento in una posizione determinante: o ottiene questa volta il federalismo fiscale o si prepari ad essere abbandonato la prossima volta da quasi tutti i suoi elettori.

ing. Renato Sassi

Proprio su questo tema si giocherà la partita determinante per la continuità del nascituro governo. E’ prevedibile che su altri due argomenti-bandiera della Lega, immigrazione e sicurezza, l’intesa sarà facilmente trovata con il Pdl, pensandola Berlusconi e Fini come Bossi. Il discorso si farà spinoso a proposito del federalismo fiscale poiché un partito come il Pdl che raccoglie consensi anche in zone del Centro e del Sud oltre che nel Nord, dovrà corrispondere a interessi diversi da quelli specificamente territoriali monopolizzati dalla Lega. E qui si misurerà la dimensione del prezzo imposto al premier dal raddoppio dei voti del Carroccio. Che si può contentare di meno ministeri, ma non d’una minore fedeltà alla promessa che costituisce la sua ragion d’essere.
Ciascuno capisce l’imbarazzo politico e la difficoltà gestionale a concedere a regioni come Lombardia e Veneto di trattenere e reinvestire in loco gran parte del gettito prodotto dai loro abitanti: la conseguenza sarebbe infatti di ridurre i trasferimenti statali ad altre regioni, incapaci di realizzare analoga ricchezza. Ma ciascuno capisce anche che o la cambiale firmata con il Nord alla vigilia delle urne viene onorata da Silvio III oppure alla prossima tornata elettorale (e magari in anticipo sui tempi di legislatura) non ci sarà verso per il centrodestra di farsi rinnovare la fiducia.
Dopo il consenso ricevuto da ceti produttivi e sociali dai quali in precedenza non era stata mai privilegiata come lo scorso 13 e 14 aprile, la Lega avverte ancor più la responsabilità d’obbedire al mandato ricevuto in Padania. E proprio ieri Sergio Cofferati, sindaco di Bologna ed ex leader del sindacalismo cigiellino, sollecitava il Pd che s’appresta ad attraversare il deserto dell’opposizione a riconoscere –prendendosene a cuore i problemi- che la demonizzata Padania esiste. Padania intesa come ampia fascia interregionale sopra e sotto il Po e dove «…i problemi di Cremona e Mantova sono gli stessi di Reggio Emilia e Ferrara, di tutto il Nord Ovest e di tutto il Nord Est». Sarebbe curioso che, finalmente “deideologizzata” da una sinistra ritardataria, la Padania diventasse un problema per una destra incapace di dare nei fatti a Bossi la risposta garantitagli dal patto preelettorale.

Massimo Lodi

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