Gli atleti a Pechino listati (di bianco) a lutto

Boicottare o non boicottare le Olimpiadi?

Boicottare le Olimpiadi? No, significherebbe boicottare lo sport: i giochi olimpici rappresentano il sogno per ogni atleta -giovane o meno-, in alcuni sport è difficile avere due possibilità di parteciparvi; impedire agli sportivi di realizzare un sogno, o biasimarli perchè andranno a Pechino come giusta ricompensa per i loro sacrifici, non è giusto. Da boicottare è Pechino, è la Cina.
Allora magari un segno di protesta da parte delle delegazioni sportive potrebbe essere rinunciare alla cerimonia d’apertura (per la quale il comitato cinese ha chiamato in causa registi di fama mondiale e sulla quale baserà l’impressione iniziale di fronte al pubblico di tutto il pianeta). Ma prima di giudicare se sia opportuno o no il comportamento degli atleti, ricordiamoci che riguardo alla prima espressione di "potenza" del Paese, l’economia, ognuno può protestare, boicottando il "made in China".
Cosa che non fece il governo italiano quando l’anno scorso organizzò un incontro con quello cinese, proprio nell’ottica di interessi economici, se non sbaglio... Oppure ho io la memoria corta?

Federica Uboldi

Cara Federica, boicottare il made in China è ancora più difficile che boicottare le olimpiadi. Forse non ce ne rendiamo conto, ma ciascuno di noi in questo momento indossa qualcosa di cinese, nel senso di prodotto in Cina. Perchè lo sono i jeans, lo sono le scarpe, lo sono le camicette di seta, lo sono i bijoux, lo sono gli occhiali di marca. Mission impossible, quindi, a meno di farsi venire l’orticaria in boutique o al mercato.
Altrettanto impensabile è boicottare in massa i Giochi. Perchè nell’Occidente illuminato e dominato dal business c’è sempre qualcuno più realista del re, pronto a barattare gli ideali con un buon affare. Sulle violenze in Tibet i distinguo si sono sprecati, e alla fine l’Europa (dall’alto della sua bassezza morale) ha deciso di allinearsi alla realpolitik di Bush. Ma anche di lady Clinton e di Barack Obama, che sull’argomento non mi pare abbiano dubbi.
Ho visto un solo uomo politico in Europa lasciarsi andare a una critica tosta e inflessibile nei confronti di Pechino, Nicholas Sarkozy, finalmente rientrato a tempo pieno nei panni dello statista dopo una lunga (e per qualche verso molesta) luna di miele. Il presidente francese si è detto pronto a «non mandare gli atleti francesi a Pechino».  Troppa grazia. Per ottenere un effetto mediatico di prim’ordine basterebbe che i partecipanti si mettessero al collo o al braccio qualcosa di bianco (una fascia, un fazzoletto, una striscia di cotone), simbolo cinese del lutto. Il lutto della libertà, il lutto dei diritti civili.
 
Giorgio Gandola

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