L’Inter che vince batte sempre due avversari

La storia di una squadra, fra scetticiasmi e sarcasmi

Mi pare che, come al solito, un successo dell’Inter non abbia avuto l’eco positiva che avrebbe meritato. Quasi quasi sta passando l’idea che questo scudetto sia stato immeritato, vinto per qualche favore arbitrale come ha dichiarato il romanista De Rossi o per il sostegno della fortuna. Io sono tifoso dell’Inter e dunque di parte, però non credo di sbagliare se dico che la sufficienza con cui è stata accolta la nostra vittoria è esagerata. Ci si dimentica che l’Inter ha comandato la classifica per tutto il campionato, sopportando un sacco di infortuni e subendo polemiche sollevate ad arte. Vincere in queste condizioni è un grande merito. Se fosse capitato a noi quello che è capitato al Milan, cioè eliminazione dalla Champions League e non qualificazione per il prossimo anno, ci avrebbero seppelliti di critiche e di ironie.

Piero Rossi



Armando Picchi, capitano della Beneamata Inter (così la chiamava Gianni Brera) di Angelo Moratti, Italo Allodi ed Helenio Herrera che tra il ’63 e il ’66 dominò in Italia, in Europa e nel mondo, andò a chiudere la sua strepitosa carriera a Varese. E qui dopo gli allenamenti, fumando l’immancabile Ambassador nel tunnel degli spogliatoi di Masnago, accettava spesso la chiacchiera aneddotica che gli veniva sollecitata. Di Moratti diceva che, quanto a intuizioni, era avanti di trent’anni su tutti. Di Allodi, che sapeva essere persuasivo come nessun altro, sprigionando un fascino cui era impossibile sottrarsi. Di Herrera, che deteneva uno stregonesco magnetismo: ti fissava negli occhi e una scossa t’attraversava da cima a fondo. Nelle mani di questi tre fenomeni, l’Inter non poteva che vincere. E vinse, anzi stravinse. Però, raccontava Picchi, dovette vincere e stravincere battendo anche scetticismi e sarcasmi incredibilmente ricorrenti nell’ambiente che avvolgeva la squadra. La lunga milizia in nerazzurro aveva infatti convinto il capitano che l’Inter, a differenza delle altre squadre, aveva un avversario in più da sconfiggere: l’Inter B, la squadra degl’incontentabili e dei bastian contrari.
Ho l’impressione che quel giudizio valga ancora oggi, come dimostra quant’è accaduto durante la stagione e soprattutto nel suo finale. Se dunque è vero che l’Inter suda assai le sue conquiste, è altrettanto vero che lo deve più alle pulsioni autodistruttive che alle voglie demolitrici di chi non la tiene in simpatia. Il probabile addio di Mancini sarà la conferma del resistere, contro ogni logica e buonsenso, di questa tendenza.

Massimo Lodi

© RIPRODUZIONE RISERVATA