Cara provincia
Venerdì 07 Novembre 2008
Me lo sento, Obama ce la farà
Il lavoro che lo attende è molto difficile, ma la svolta è cominciata
Dopo la vittoria alle presidenziali di Barack Obama, primo presidente afro-americano degli States, è cominciata una svolta non solo nel paese a stelle e strisce ma credo in tutto il mondo. I primi riscontri mondiali sul nuovo numero uno americano sono positivi, questa persona piace alla Cina, potenza mondiale sia militarmente che economicamente, piace in Iran, nazione non proprio amica degli Usa e in tutta Europa.
Faccio il mio personale in bocca al lupo ad Obama, sperando che ora riesca a ridare lustro all’economia americana, a mantenere tutte le promesse fatte al paese e al mondo intero. Il lavoro che lo attende è molto difficile, vedremo se sarà in grado di governare in modo impeccabile la nazione. Good luck, Obama!
Fabio Noseda
Albavilla
Il suo pensiero richiama quello di numerosi lettori. La vittoria di Obama viene vissuta come la vittoria di chi vuol cambiare. E cioè di molti, inserendo sotto la voce “molti” le falangi di quanti se la passano male, in America e negli altri continenti. Molti che poi, di questi difficili tempi, diventano quasi tutti perché la crisi mondiale sta risparmiando pochi. Ce la farà il primo presidente nero a indicare anche a noi europei il modo per vivere un futuro di giorni meno neri? Il compito s’è fatto, con il passare dei mesi elettorali, d’una difficoltà superiore rispetto alle aspettative d’avvio perché la corsa finanziaria al peggio è divenuta un precipitare sociale dalla rupe. Il cambiamento dovrà dunque essere più profondo di come Obama l’aveva immaginato, e perché giunga non dico a buon fine, ma almeno a un accettabile risultato, egli dovrà allargare i confini delle alleanze politiche, accantonare gli steccati ideologici, privilegiare il pragmatismo all’idealismo. Al contempo, non potrà permettersi d’intaccare il patrimonio di valori della tradizione americana, che hanno nel conservatorismo un pilastro e nel progressismo una variabile. In altre parole: le circostanze sembrerebbero imporgli di governare il migliore dei mondi possibili (mi riferisco alla cifra della sua democrazia) facendo un’impossibile sintesi. Sembrerebbero, però. Come sembrava che fosse assurda la candidatura di Obama, azzardato il rivaleggiare con Hillary, improponibile la conquista della Casa Bianca. Pronostici nefasti sovvertiti uno dopo l’altro e che autorizzano a sperare, nell’interesse globale, di continuare ad esserlo. Nessuno naturalmente è in grado di sapere come finirà, ma io scommetterei (irrazionalmente) che non finirà male. È una sensazione, come dire, a pelle.
Max Lodi
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