Una manovra che non aiuta il ceto medio

La violenza della crisi mondiale ha fatto emergere l’inadeguatezza d’un Paese vecchio d’idee e di uomini

Cara Provincia,
non sono molto bravo in economia ed è per questo che cerco di tenermi informato leggendo il Sole 24 Ore. Ebbene, proprio lunedì il giornale di Confindustria (lo sottolineo perché non vorrei si pensasse a un organo di stampa rivoluzionario) mi ha aiutato a capire i connotati della manovra salva consumi del Governo. Tra le righe, mi è parso di capire che verranno varati provvedimenti a sostegno dei ceti bassi e bassissimi. Per quanto riguarda il cosiddetto ceto medio, quello che prima sosteneva i consumi, non mi pare d’aver visto nulla di veramente efficace. Ora mi domando: come si pensa di rilanciare l’economia se non si aiuta proprio la fetta di società che, fino a questo momento, l’ha sostenuta davvero? Inoltre, vedo che si ritorna a parlare degli investimenti infrastrutturali: non sono gli stessi di cui si parla da almeno vent’anni (o più)?

Ercole Buoni

Su che cosa sia oggi il ceto medio, non sono d’accordo neppure gli studiosi. Alcuni di loro parlano di ceto medio indistinto, volendo significare la trasformazione delle classi sociali e la scomparsa di quella di mezzo. Ma non sanno rispondere alla seguente domanda: questa scomparsa indica una discesa di chi stava meglio al livello di chi stava peggio o viceversa? Se sono fragili le loro certezze, figuriamoci le nostre. Possiamo andare dunque per impressioni. La mia è che negli anni scorsi molti abbiano vissuto al di sopra delle loro possibilità, pochi se ne siano resi conto perché storditi dagl’inviti tambureggianti a indebitarsi per acquistare qualunque cosa, nessuno abbia pensato a riformare seriamente il mercato del lavoro e la rete della tutela sociale. La violenza della crisi finanziaria mondiale ha fatto emergere ciò che sarebbe comunque emerso, l’inadeguatezza d’un Paese vecchio d’idee e di uomini di fronte a un mondo nuovo di trasformazioni e d’emergenze. Proprio il ritardo negl’investimenti infrastrutturali è la spia di questa cecità politica, che tuttavia dà di sé un’infinità d’ulteriori esempi: pensiamo alle mancate liberalizzazioni, alla difesa del corporativismo, ai tempi pachidermici per cambiare modi e forme dei servizi pubblici. Oggi l’esigenza avvertita dai cittadini non è di consumare di più per aiutare un’economia che produce di meno, ma di consumare sempre di meno perché non ce la fanno più. Come dimostra la prossima distribuzione governativa, a quanti s’affacciano alla soglia dell’indigenza, d’una social card tanto benvenuta quanto umiliante. Poveri noi.

Max Lodi

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