Un’idea per il Nuovo Sant’Anna

Tempi lunghi: e i malati non possono aspettare

Mentre molti comaschi si godevano le meritate vacanze, quest’anno mi sono ritrovato a passare il mese di agosto all’Ospedale S. Anna, reparto Chirurgia B, dovendo sottopormi ad un’operazione salvavita. Desidero ringraziare tutta l’equipe medico-chirurgica capitanata dal prof. Capretti, rivelatasi di ottimo livello. Ho però trascorso un mese in un ambiente dove, purtroppo, le carenze infrastrutturali delle afose, sovraffollate e rumorose camerate, dei servizi sanitari, dei luoghi comuni (bagni, sale d’aspetto, ecc.) sono inadeguate per un ospedale moderno.
La mia proposta è molto semplice e mi è venuta in mente scorrendo le lapidi in marmo all’entrata del reparto con incisi i nomi dei benefattori, risalenti mediamente agli Anni Venti e Trenta. Tra i munifici donatori vi era anche il nome di mio nonno, Umberto Mascetti, e di un famoso prozio, Paolo Franchini (colui che portò la prima automobile a Como).
Personalmente, come molti cittadini comaschi, sono preoccupato per il macchinoso iter di costruzione e futura agibilità e reale utilizzazione del nuovo S. Anna, che, prevedibilmente, si protrarrà ancora per diversi, troppi anni. Non possiamo concedercelo. La sensazione dolorosamente tangibile è che, ormai, l’attenzione sia focalizzata solo sul Nuovo Sant’Anna, mentre il Vecchio che sta  decadendo. Io chiedo a lei, signor direttore, di farsi garante, con un’ulteriore serie di articoli ed inchieste, di far sapere con precisione quali e quante sono le reali esigenze economiche della nuova struttura ospedaliera, fino ad un calcolo esatto del tanto sospirato "trasloco" finale. Credo che anche vendendo al meglio il vecchio S. Anna mancheranno comunque le risorse, e che, quindi, ciò si tramuterà in un’ulteriore ed inutile attesa.
Sono sicuro che come le centinaia di benefattori incisi sulle lapidi, anche oggi centinaia di cittadini, imprese ed associazioni comasche siano pronti a mettersi in gioco per anticipare quel capitale, in modo da velocizzare apertura del nuovo ospedale. Come allora, l’iscrizione su di un elenco sarà la loro unica piccola grande ricompensa (insieme a quella, incommensurabile, ma data per scontata, di avere un posto dove curarsi al meglio). Io e la mia famiglia saremo tra costoro.

Gian Mario Airoldi

(gi.gan.) Caro signor Gian Mario, la battaglia giornalistica per un Sant’Anna eccellente è appena cominciata. Sono certo che la città ci seguirà. Ma a margine di ciò, c’è qualcosa di più profondo e sacro: al centro dell’ospedale non devono esserci solo i macchinari e i camici bianchi. Dev’esserci il paziente. Sempre e comunque. La sofferenza del paziente è sacra. Per cogliere armonie e disarmonie di un ospedale bisogna sempre partire da qui.

© RIPRODUZIONE RISERVATA