Ardito domani ritrova il Como
Tutte le sfumature d’azzurro

I ricordi della lunga carriera in riva al lago dell’allenatore che domani guiderà il Seregno

È uno dei giocatori degli ultimi anni che più è entrato nel cuore dei tifosi. Come un Giancarlo Centi o un Jack Gattuso. I capitani, nell’immaginario collettivo azzurro. Andrea Ardito, che torna al Sinigaglia per la prima volta da avversario, è uno di casa. Perché, come Centi e come Gattuso, ha saputo interpretare nei gesti e nelle parole (poche) i tratti tipici del comasco.

Mai sopra le righe, testa bassa e lavorare, poche dichiarazioni roboanti, pochi proclami, basso profilo, serietà. I comaschi, non c’è niente da fare, apprezzano quella razza lì. Semmai lo strano è che Ardito sia toscano, cioè un popolo dalle caratteristiche completamente opposte. Ma lui, arrivato a Como giovanissimo, a 22 anni, si è integrato subito. Qui ha trovato moglie e ha messo su famiglia. Oltre 200 presenze in azzurro, 197 di campionato più coppe e amichevoli. Carriera azzurra in due tranche: dal 1999 al 2002 (con promozione in serie A) prima; e dal 2009 al 2015 poi, con promozione in serie B. Curioso: tutte e due le volte ha chiuso con una festa, un trionfo; e tutte e due le volte se ne è andato per via di una rottura traumatica. Prima i litigi con il dg Imborgia, poi le dimissioni perché non credeva nel progetto Corda (lui era ormai un mister azzurro, prima delle giovanili e poi scelto per guidare la squadra dopo l’asta). Per questo, con l’attuale dt azzurro non c’è gran feeling. La galleria di fotografie che pubblichiamo qui a fianco è un estratto della sua carriera, che (crediamo) farà piacere ai tifosi.

Si comincia con l’immagine del saluto ai tifosi il giorno dell’addio, Como-Bassano, finale di andata playoff. Lui, distrutto da un infortunio al tallone che lo faceva soffrire e lo ha fatto smettere, entrò a 3’ dalla fine per poter salutare il pubblico: lacrime. Sotto c’è l’immagine conseguente: a terra dolorante. Dall’autunno di quel campionato, Ardito patì le pene dell’inferno. Non riusciva ad alzarsi dal letto per andare a prendere una bottiglia d’acqua. A Pavia crollò esausto al 90’, nel posticipo tv. Tre mesi fermo, poi un ritorno a spizzichi e bocconi. Prima dell’addio.

La due fotografie piccole sono pezzi d’antiquariato: Ardito chino sui libri, il primo anno a Como. Studiava Giurisprudenza e gli studenti gli dedicarono un club. Poi c’è la foto in trionfo. La festa nella finale playoff contro il Livorno nel 2001, lui pisano nel giorno della festa del Santo Patrono di Pisa; e poi quella con l’Empoli l’anno dopo.

Poi c’è la foto curiosa di Ardito con una torcia in mano. Era la festa della promozione in B del 2015, curiosamente una festa andata in scena a Lipomo a due passi dalla sede della ditta di quel Verga che sarebbe diventato l’anno dopo sponsor e primo tifoso. Ardito venne premiato sul palco dagli ultrà con una targa e lui accese la torcia in segno di festeggiamento.

Poi c’è la foto di Ardito cittadino comasco, con la cartolina della campagna contro le paratie, alla quale si prestò, allora già allenatore delle giovanili azzurre. L’epilogo fu quel pomeriggio in cui decise di rinunciare ad essere l’allenatore di questa società. Un passo doloroso, per lui, visto quanto tiene al Como. Ma la storia potrebbe non essere finita. Nel caso sia Nicastro a vincere la partita societaria, scommettiamo che il nome di Ardito tornerà di moda?

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