Cicconi: «Il Como è casa mia
Non vedo l’ora di tornare in C»

«Segno entrando dalla panchina? Non che mi piaccia, sia chiaro»

Entrare dalla panchina e fare gol è un po’ una sua specialità. L’anno scorso Manuel Cicconi usò spesso quest’arma per farsi amare dai tifosi. Ma quello che è riuscito a fare domenica batte tutto il resto. Almeno per ora.

Manuel, un gol che vale il primo posto segnato in quel modo, e soprattutto in quel momento...

E non l’ho nemmeno calciata benissimo. Ho riguardato anche il video più volte, ho tirato forte, la palla ha fatto un giro strano, come fosse un po’ spostata dal vento. Comunque, che gioia.

È un po’ nel tuo destino questo fatto di entrare a gara iniziata e segnare.

Quest’anno su quattro gol è la prima volta che succede, l’anno scorso quasi tutti i gol sono arrivati così. Non che mi piaccia particolarmente partire in panchina, sia chiaro. Non piace a nessuno, come tutti io spero sempre di partire titolare. Però forse in certi casi fa bene, soprattutto quando le partite sono difficili da sbloccare.

Questione, anche, di caratteristiche?

Forse sì.

Ma le tue, esattamente, quali sono? C’è chi ti vede più mezzala, chi più attaccante...

Diciamo che in un attacco a due, in un modulo come quello che utilizziamo noi quest’anno, è più difficile che io possa giocare da classica punta. Può essere più facile con un attaccante fisicamente possente, tipo per esempio Dell’Agnello, a cui girare intorno, ma il mio è più ruolo di movimento tra le linee difensive e il centrocampo. Oppure l’attaccante esterno in un tridente. Credo di avere imparato abbastanza bene a fare la mezzala.

Del resto hai cominciato così in prima squadra.

Sì, con Gallo in serie C.

Tre presenze, ma anche un gol quell’anno. Il primo nei professionisti.

Contro l’Arezzo, su punizione.

E poi la scelta di restare qui. L’unico a farlo.

E’ casa mia, è la mia squadra. Mi sembrava la cosa giusta, anche se non vedo l’ora di tornare in serie C. E quest’estate la prospettiva di riuscirci c’era, poi è andata come è andata... Certo, la serie D aiuta comunque a crescere, caratterialmente soprattutto. Ma lo si fa per arrivare più in alto. Non solo io, è l’obiettivo di tutti arrivare a misurarsi con un’altra realtà.

Intanto un traguardo, simbolico ma nemmeno poi tanto, l’hai raggiunto. Indossare la maglia numero dieci del Como.

Da quando sono con la prima squadra un anno l’aveva Le Noci, ed era giusto anche per la sua militanza nel Como. L’anno dopo Di Quinzio, ed era altrettanto giusto per le sue caratteristiche. L’anno scorso la metteva Molino. Adesso, finalmente... Era il mio numero nel settore giovanile.

Torniamo a domenica. Perchè è stato così difficile vincere? C’è da preoccuparsi?

No, l’ho già detto subito a fine gara. Non credo che il problema sia stato che abbiamo lavorato male durante la sosta. E’ che abbiamo svolto un lavoro più pesante, abbiamo caricato di più. Credo che il problema sia stato solo questo.

Del resto, al Mantova è andata peggio. A proposito, si può arrivare davanti allo scontro diretto?

Certo che si può. Adesso la questione è soprattutto chi sbaglia di meno tra noi e loro. Anche quando abbiamo perso là è stato più per demerito nostro. E’ a questo che dobbiamo fare attenzione, a non sbagliare.

Un po’ come il tiro di domenica. Non bellissimo, ma nel posto giusto.

E con la convinzione di crederci sempre fino all’ultimo.

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