E ora il Como viaggia a tutto Jack
«L’obiettivo? Essere... Gattuso»

Si racconta il neo mister azzurro: «Voglio vincere in casa»

Rieccolo qui. Più maturo, più consapevole, più aggressivo, seppure con l’aria da eterno bravo ragazzo. Giacomo Gattuso si appresta a scrivere il settimo capitolo della sua vita azzurra. I titoli? “Giovanili e debutto” (’86-’88), “Affermazione da capitano” (’89-’95), “Il ritorno” (’97-’99), “Incroci del destino” (da allenatore del Novara spedisce in C2 il Como, ’04-’05), “Il debito saldato” (allena in D dopo il fallimento, ’05-’06), “Il ritorno” bis (in società da quest’anno). E ora? Il nuovo capitolo? “Ancora in panchina”, al posto di Banchini di cui era il vice.Un capitolo tutto da scrivere. Ma già l’inizio è da raccontare.

Due partite, 4 punti e la riconferma della società. Partenza ok.

Fa piacere, indubbiamente. Se sarà per poche o tante partite, non importa. Non sono qui per rilanciare la mia carriera, ma per aiutare il Como. Ho già preso una strada in passato, che non rinnego. Ho scelto altre strade, piuttosto che correre dietro alla panchina a tutti i costi. Poi, certo, la vita ti pone davanti a cambiamenti. Ma io penso al Como e non a me stesso.

Com’è questa storia della rinuncia alla panchina?

Io ho una storia particolare, sono partito subito con i grandi alla Canzese. Ma poi, quando sono tornato al Novara dopo aver allenato il Como, sono entrato in un progetto molto gratificante, dove mi stimavano. Diciassette anni con rinnovata stima da parte della società, e di dirigenti diversi, non è una situazione legata a un risultato ma a un modo di lavorare. Ho allenato le giovanili, ho aiutato a lanciare giovani. Per tre volte ho fatto l’allenatore in sostituzione del capo allenatore, ma quando me lo offrirono in A, rifiutai. Insomma, felice di essere Jack Gattuso, con i miei valori, la coerenza, l’onestà, la schiettezza, la limpidezza. Un percorso più difficile, ma che mi rende orgoglioso.

Adesso però c’è di nuovo la panchina.

Questo compito mi stimola, mi intriga, mi entusiasma. Non è una panchina qualunque. È la panchina del Como, di un gruppo che conosco bene perché l’ho seguito dall’estate. Ho delle idee su cui lavorare per far decollare definitivamente questa squadra.

Appunto. Ti abbiamo visto più convinto, più coraggioso e determinato.

Sono cresciuto. Ho studiato molto. Lo studio è tutto, in questo mestiere. Devi aggiornarti, avere la materia in mano, saperti muovere in base a uomini e avversari. Sono diverso rispetto a 15 anni fa, certamente. Anche se resto Giacomo Gattuso, con i miei valori.

Allora: modulo. Come giocherebbe Gattuso partendo da zero?

Io in passato ho giocato quasi sempre con la difesa a tre, ma questo Como è costruito per giocare con la difesa a quattro. Perché abbiamo esterni molto offensivi che vanno valorizzati.

Infatti nel finale di Pontedera siete passati a tre.

Era un momento particolare della partita, e comunque pur con l’uomo in meno non abbiamo rischiato molto.

A Pontedera si è già visto qualcosa di nuovo, con Gatto in posizione più centrale.

È una soluzione che possiamo attuare, perché Dkidak è molto offensivo e può spingersi più in alto e Gatto sa fare anche l’uomo dietro la punta. Ora dobbiamo recuperare energie fisiche perché il periodo è stato molto intenso. Pure troppo.

Cosa vedremo in futuro?

Io credo che il calcio sia una materia molto duttile, i sistemi di gioco vanno scelti a seconda delle situazioni e degli avversari. Il 4-4-2 sarà il modulo di partenza, ma al variare delle situazioni cambieremo spesso e volentieri.

Ci pare di capire che uno dei problemi sin qui sia stato il rendimento in casa.

Vero. Indubbiamente.

E allora come lo risolviamo?

Dobbiamo avere un atteggiamento diverso. Non possiamo essere molli. Ok, io sento cose particolari. Sarò entrato mille volte al Sinigaglia, eppure la sensazione per me è sempre la stessa: mi viene la pelle d’oca. Sì, anche senza pubblico, mi basta vedere lo stadio, la curva, le tribune... Mi ricordo che quando giocavo in casa da giocatore diventavo un leone, non avevo più paura di nulla. Magari fuori ero più timoroso, ma in casa... Ecco, devo trasferire questa mentalità al gruppo.

Ma non è una questione solo di cuore.

Infatti. La parola d’ordine è aggressione. Aggressione alta, più alta dei 70 metri. Per farlo però dobbiamo organizzarci. Sennò rischi. Ma bisogna essere più aggressivi, intensi.

Parliamo dei singoli.

Poco.

Hai rispolverato Dkidak nella linea dietro, dopo che Banchini lo aveva accantonato perchè troppo offensivo.

A me piace avere uno offensivo lì, quasi un esterno dei cinque. È giovane, gli va data fiducia.

H’Maidat ora è un altro giocatore.

Quello è il suo ruolo ideale. Adesso gioca allegro e ha cominciato a far bene anche in copertura.

Pare che Wise abbia speso belle parole su di te.

Mi farebbe piacere. io mi interfaccio con Ludi.

Uno che ti conosce bene.

A Novara l’ho allenato, poi io allenatore e lui ds abbiamo vinto uno scudetto giovanile. Insomma, se ha pensato a me, lo ha fatto conoscendomi bene. E questo mi fa piacere.

Ok, ma con i complimenti di Wise, c’è anche l’attenzione che chiede verso il gruppo di giovani inglesi su cui punta molto.

Io ho fatto l’allenatore dei grandi dove pensi alla squadra, e l’allenatore delle giovanili dove pensi a far crescere il singolo. Se assieme al risultato del Como, c’è anche il compito di tirare fuori il meglio dai giovani in rosa, sono felice. Io starei fino alle sette di sera al campo per stare con i giovani e aiutarli a dare il meglio di sé. E’ un lavoro parallelo che non mi preoccupa, anzi.

Quanti messaggi ti sono arrivati dopo queste due partite?

Tanti. Tantissimi. Segno che nei rapporti umani forse ho lasciato qualcosa. Ho risposto a tutti, uno per uno, perché si trattava di persone che avevano dedicato a me un pensiero.

Uno dei tuoi vecchi compagni?

Mah, per esempio Mirabelli... Ne dico uno per tutti.

C’è un altro Gattuso in panchina che va per la maggiore. Curioso no?

Vuoi saperne una? Mi affascina il suo modo di lavorare, di crederci, di trasferire i valori. Ho sempre sperato di conoscerlo...

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