Trecentomila euro per i tamponi?
I medici di C pronti allo sciopero

La ripresa del campionato di Lega Pro spacca il movimento

I medici della C sono pronti a scioperare dopo la posizione dell Figc che ha aperto uno spiraglio sulla ripartenza della categoria. Anche se il presidente federale Gabriele Gravina, dopo che alla assemblea Figc sono volate parole grosse (qualcun dice anche a rischio di contatto fisico) sulla CF ha fatto subito una parziale marcia indietro.

L’iniziativa clamorosa? Incrociare le braccia, non scendere in campo in caso di ripartenza, lasciare le partite senza assistenza sanitaria: questa è la strategia che si nasconde dietro la definizione del comunicato di dotti della Lega Pro «Clamorose decisioni». Un atteggiamento che vedrebbe evidentemente schierato anche il dottore del Como, Alberto Giughello visto che si auspica l’unanimità.

I medici sono preoccupati e furibondi per una serie di motivi che andiamo a riassumere.

1. Il fatto di non aver avuto, come categoria, il peso che la stessa federazione dei medici sportivi aveva auspicato sul tavolo della ripartenza. Il fatto che sia stata ignorata, dunque, la posizione dei dottori di C che era stata espressa in una conference call che aveva visto partecipare e decidere per lo “stop” 60 medici su 60, non è piaciuto;

2. La modifica del protocollo del comitato scientifico. Se le precauzioni erano di un certo tipo non ha senso cambiarle, secondo i medici, per consentire al campionato di ripartire;

3. Il costo economico della faccenda. Si calcola che per fare tutti i tamponi necessari, ordinari e straordinari, servano 300mila euro a club. Un costo non sostenibile da parte delle società.

4. I numeri: il personale sanitario, per organizzare tutte le strutture e le precauzioni del protocollo, vede già all’osso gli organici delle squadre di serie A, figurarsi quelli della serie C;

5. La responsabilità dei medici di fronte a quello che potrebbe succedere in campo in relazione agli strascichi del virus;

6. L’assenza di un strategia sul tema delle idoneità, il cui processo potrebbe dover cambiare in quanto a tipologia di esami da effettuare;

7. La mancanza di strategia riguardo il tema dell’ondata influenzale autunnale. Ancora nessuno ha parlato di come reagire in quel caso.

8. L’incertezza riguardo al trattamento dell’eventuale nuovo giocatore positivo e dei suoi compagni di squadra.

Il medico Corbucci del Gubbio spiega bene: «C’è una responsabilità penale dei medici che nel caso del Covid è molto complessa: come si fa a stabilire dove è stato contagiato un giocatore? Se ripartirà il campionato io sono pronto a dimettermi e spero che molti colleghi facciano lo stesso».

Avremmo voluto sentire il parere del dottore del Como Alberto Giughello, ma la società gli ha tappato la bocca: «Abbiamo già espresso il nostro parere», fanno sapere da via Sinigaglia. Peccato, forse sentire le ragioni della protesta e i particolari tecnici avrebbe fatto comodo a tutti.

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