«Io, cresciuto su un’ambulanza
Tra solidarietà e dolore»

Riccardo, entrato in Sos da ragazzo. Come lui duemila volontari garantiscono l’emergenza sanitaria in provincia

Articolo uscito sul numero di Diogene di martedì 4 dicembre. Seguici sulla nostra pagina facebook

Sono una componente indispensabile del sistema di emergenza e urgenza in Lombardia. Ogni giorno decine di ambulanze delle associazioni di volontariato prestano soccorso a cittadini colpiti da malore o in difficoltà. A bordo i volontari che hanno deciso di dedicare il proprio tempo, di giorno e di notte, per contribuire al funzionamento della macchina del 118. Studenti, lavoratori o pensionati. Un numero davvero consistente di persone (oltre duemila) che hanno scelto questa forma di volontariato, che mette alla prova anche i nervi più saldi.

In ambulanza dal 1995

Un sistema che si basa per una buona percentuale sulle associazioni, con i volontari che sono spesso i primi ad arrivare sul luogo dell’evento. E su queste ambulanze c’è chi ci viaggia da oltre 20 anni come Riccardo Galdini, volontario del Sos di Appiano Gentile. «Faccio i turni per il 118 dal 1995 - racconta - Sono entrato in associazione 24 anni fa con alcuni amici. Oggi siamo ancora tutti volontari».

Una scelta un po’ per caso che ha permesso a Riccardo di vivere in prima persona l’evoluzione di un sistema, con un’organizzazione oggi decisamente diversa dal passato, grazie a una soluzione centralizzata e il numero unico 112. «Quando ho iniziato le uscite con il 118 avevamo a disposizione meno tecnologie - aggiunge il volontario - oggi è tutto organizzato in modo diverso, non solo abbiamo una serie strumenti più evoluti a bordo della ambulanze, ma abbiamo anche un diverso sistema di comunicazione con la centrale operativa di Villa Guardia».

Non era raro in passato, infatti, vedere più ambulanze intervenire sullo stesso incidente: «La gente chiamava l’associazione che conosceva per segnalare i feriti, non c’era il numero unico e così capitava di ritrovarsi con più mezzi. Una cosa che fortunatamente oggi non capita più e permette di non sprecare risorse sul territorio».

E anche i chilometri percorsi dalle ambulanze sono cambiati, in passato il mezzo di soccorso di base, come viene definito in termine tecnico l’ambulanza, si spostava meno e il proprio spazio di intervento era molto vicino ai confini della sede dell’associazione, oggi ci si sposta molto di più. Se oggi c’è una comunicazione diretta con medici, infermieri e operatori di centrale, non è cambiato invece un requisito fondamentale rispetto al passato. È richiesta, infatti, una buona dose di coraggio visto che quando si interviene in emergenza non si sa mai come saranno le uscite, dove si andrà, chi verrà soccorso e soprattutto in quali condizioni.

Tragedie e aneddoti

«Il volontario di 118 senza dubbio assiste più a episodi brutti che belli, che ti lasciano il segno - aggiunge - Ne ricordo molti, ma uno di quelli che mi è rimasto più impresso è stato quello di un soccorso a una coppia che era uscita dal supermercato ed era stata travolta sulla strada. Mi ricordo che abbiamo fatto tutto il possibile per salvarli, ma non c’è stato niente da fare».

In questi 24 anni fortunatamente Riccardo è stato inviato anche su situazioni che si sono rivelate poi non gravi: «Ricordo che una volta una mamma, che era in vacanza, ci ha chiamata disperata perché suo figlio, che era a casa con gli amici, non rispondeva al telefono. Siamo intervenuti con i vigili del fuoco e le forze dell’ordine. Dopo un po’ i ragazzi hanno aperto spaventati, dormivano. La signora quando è tornata ci ha portato delle torte in sede per scusarsi».
Francesca Guido

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