Como: rifiuta la mascherina
La polizia a scuola

Uno studente della Castellini pretende di restare a volto scoperto, i genitori arrivano a dargli manforte. La direzione chiede l’intervento degli agenti, denunciata la madre per resistenza: non voleva mostrare i documenti

La polizia è intervenuta lalla Castellini - storica scuola di formazione professionale di via Sirtori - per cercare di appianare un diverbio innescato da uno studente di 14 anni che rifiutava di indossare la mascherina in classe.

Il dibattito si è ulteriormente infiammato dopo l’arrivo dei genitori, decisi a sostenere le ragioni del figlio e proclamandosi “soggetti di diritto internazionale”, e di non riconoscere, pertanto, le leggi dello Stato.

La ricostruzione

È, questo del “diritto internazionale”, un refrain non inedito: se ne parlò diffusamente già in occasione del primo lockdown, quando erano in vigore i primi “Dpcm” e da Nord a Sud le forze dell’ordine iniziavano a confrontarsi con una fetta di popolazione, sia pure minoritaria, molto restia ad adeguarsi alle regole del confinamento.

Capitava allora che le cronache riportassero le giustificazioni più pittoresche («Il Dpcm è un atto amministrativo...», «sono un diplomatico...», «non riconosco l’autorità dei carabinieri...») tra le quali, appunto, l’asserita protezione di questo male inteso diritto internazionale giudicato prevalente sulle leggi dello Stato. Di solito capitava che chi vi si appellasse, riprendesse anche la scena con un telefono, salvo poi “postare” il tutto su qualche social network: ci fu un caso celebre di un ciclista fermato da due poliziotti in pieno lockdown dalle parti di Trento, il cui video è tuttora visibile.

Più o meno così sono andate le cose l’altroieri alla Castellini, presente il direttore Fabio Giunco: quando i poliziotti hanno invitato il ragazzo a indossare la mascherina, lui ha esibito un documento sostenendo appunto di non avere obblighi nei confronti dello Stato e così hanno ribadito poco dopo anche i suoi genitori, arrivati a dargli man forte e cominciando a registrare la scena con il telefono, nonostante i ripetuti inviti degli agenti a lasciar perdere. Pare che non sia stato facile neppure procedere all’identificazione: quando i poliziotti hanno chiesto le carte di identità a mamma e papà, questi hanno replicato declinando le proprie generalità ma rifiutandosi di esibire alcun documento in forza del medesimo ritornello. Alla fine, visto che di mezzo c’era pur sempre un minore, i due sono stati invitati a seguire la polizia in Questura per una più puntuale identificazione. Apriti cielo.

Il trasferimento in Questura

La madre avrebbe opposto resistenza, cercando di sottrarsi: nulla di particolarmente violento, pare, ma sufficiente a farle rimediare una denuncia per resistenza.

Alla fine, negli uffici di viale Roosevelt, quantomeno il padre avrebbe mostrato la carta di identità mentre lei ancora rifiutava ogni forma di collaborazione, scomodando di nuovo norme di diritto internazionale e sostenendo che di lì a pochi giorni le loro posizioni sarebbero state anche corroborate dalla ricezione di una apposita tesserina, che a loro dire dovrebbe definitivamente sottrarli al controllo legale dello stato italiano.

Per il momento, però, tutto questo dibattere si è risolto con la denuncia per resistenza e una doppia sanzione a mamma e figlio che si ostinavano a non indossare la mascherina. Papà, invece, alla fine si è arreso.
S. Fer.

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