«Como si è scordata
di Sant’Abbondio
Salviamo la basilica»

Il rettore, don Andrea Messaggi, lancia l’allarme a poche settimane dalla tradizionale festa cittadina: «In tanti confondono il patrono con don Abbondio»

Como

La basilica di Sant’Abbondio, che ospita le spoglie del patrono della città e della diocesi è «dimenticata» ed è «un patrimonio che la città non conosce» per usare le parole del rettore don Andrea Messaggi. Tra qualche settimana ci saranno i tradizionali festeggiamenti in onore del vescovo Abbondio e arriva anche una richiesta di aiuto ai comaschi, istituzioni e cittadini, per valorizzare il gioiello architettonico del capoluogo.

La basilica non ha infatti solo valore religioso, ma anche civile. «Sto costituendo un comitato scientifico - spiega don Messaggi - perché stiamo parlando di un monumento nazionale che ogni anno accoglie tra i 12mila e i 15mila visitatori. Questo anche se non c’è pubblicità. Molti vengono dal Nord Europa e dalla Germania. Il comitato dovrebbe mettere a punto un progetto complessivo di restauri, da sottoporre alla Soprintendenza, e il mio appello va alle istituzioni e ai cittadini». Non a caso cita la grande partecipazione di Cantù per la sistemazione della basilica di San Paolo.

Don Messaggi spiega che «Sant’Abbondio non solo è un patrimonio ecclesiastico, ma un bene della città. Ci sono tanti interventi necessari da fare: dal restauro delle basi delle colonne, che si stanno sfaldando ai paletti delle acque pluviali (sono crollati e aspettiamo il Comune per la sistemazione), ma anche i serramenti, l’interno dei campanili, gli affreschi coperti dalla patina bianca del tempo. La basilica è rimasta su mille anni, ma non si può sperare che resti così in eterno». Obiettivo del rettore di Sant’Abbondio è anche quello, nel futuro, di rendere visibili «i resti presenti nel sottosuolo della basilica del IV e V secondo dedicata ai santi Pietro e Paolo». Nessuna stima, per il momento, dei costi necessari per gli interventi, anche se il rettore parla di «milioni di euro».

Don Messaggi lascia spesso le porte della basilica aperte: «È un patrimonio che la città non conosce. Tanti comaschi non sono mai entrati qui, mentre sui libri di storia dell’arte è una delle basiliche più citate». Anche da queste constatazioni nasce l’appello rivolto all’intera città: «Mettiamoci tutti assieme, in primis con le istituzioni, per costruire un percorso per salvare questo gioiello. Se guardo i numeri dei visitatori non c’è paragone tra quelli che fanno i musei e quelli degli edifici legati alla tradizione cristiana come il Duomo e Sant’Abbondio». Il problema, secondo il rettore della basilica, è quello di farla conoscere e di raccontare la storia del vescovo Abbondio e degli affreschi. Racconta che «una donna sui trent’anni qualche settimana fa mi ha chiesto se questa fosse la chiesa di don Abbondio e questo dimostra la non conoscenza della figura di Sant’Abbondio».

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