Como: zona rossa
Città (di nuovo) deserta

La domenica: immagini spettrali dalle strade del centro, dove resistono soltanto pochi negozi autorizzati, Pochissimi incontri, le forze dell’ordine controllano. Presenze ridotte quasi a zero anche in piazza Volta

Domenica in rosso a Como, come in tutta la Lombardia, regione “in punizione” secondo il presidente Attilio Fontana che annuncia un ricorso che potrebbe ricondurre alla “zona arancione” con una tempistica che, forse, se i numeri sono davvero così buoni, potrebbe essere tranquillamente superata dagli eventi.

Ma quanto ne capiscono i cittadini di indici Rt, di percentuali di contagiati per migliaia? Ci si limita a prendere atto delle misure del momento e, per quanto possibile, a rispettarle. Più semplice ora che ogni provvedimento non è che un “remake” di una situazione già vissuta, semmai con qualche “aggiustatina” (quella in corso, ad esempio, è la “variante seconda casa”: tutto come l’ultima volta, ma chi ce l’ha ci può andare, prima no).

Soprattutto i tempi del lockdown, quello vero, quello in cui si aveva paura a uscire e ci si bardava come tuareg del deserto per proteggere bocca, naso, anche occhi, quello in cui quando si andava a fare la spesa ci si sentiva, comunque, come degli evasi con tutti gli occhi addosso mentre un colpo di tosse al supermercato ci faceva trasalire e si aveva timore di cacciare uno starnuto, di essere portati via e non fare ritorno mai più. Ora no.

I controlli dei militari

Ora si passeggia tranquillamente, forti di quella “attività motoria” che viene concessa e anche se non si è esattamente nei pressi della propria abitazione... Le maglie sono abbastanza larghe. Un militare in mimetica presenzia l’ingresso del Duomo mentre le forze dell’ordine pattugliano come sempre il centro storico senza patemi. Le “vasche” di via Luini e via Vittorio Emanuele II non sono deserte, ma non c’è confronto con lo struscio dei tempi sempre più lontani. Colpiscono di più le piazza.

Messaggi di speranza

Piazza Volta, soprattutto: qui, ancora pochi giorni fa, era dovuto intervenire l’esercito per “disassembrare” dei ragazzini troppo numerosi. Era stata annunciata la chiusura sabato e domenica, con l’effetto di trasformare il venerdì in un giorno di weekend. Ieri, invece, la piazza era tranquillissima: tolti i punti d’appoggio e di ritrovo, i ragazzi sono rimasti a casa (o sono andati altrove). Passeggiate e corsette sul lungolago, clientela non troppo numerosa nei market della Città Murata aperti. E l’asporto? I ristoranti lavorano a porte chiuse. Ai bar è stato imposto un ulteriore coprifuoco alle 18 per scongiurare “l’effetto aperitivo”, con la clientela che asporta, sì, ma poi rimane davanti al bar: esattamente quello che era accaduto in piazza Volta sulla quale si affacciano non meno di otto esercizi pubblici (e ha appena aperto un nuovo ristorantino).

Tra i ngozi aperti colpiscono quelli che possono vendere solo alcune cose, come il Tiger di via Cinque Giornate: sì a generi alimentari e poco altro. Il resto è stato tutto impacchettato come in un’opera d’arte di Christo. Colpiscono i negozi chiusi, quelli d’abbigliamento con le vetrine che strillano i saldi al 30, al 50, perfino al 70%. “B. Nice” in via Natta, sopra alla percentuale di sconto ha scritto “We hope”, speriamo, abbiamo fiducia: un messaggio di speranza in un momento in cui i negozi, come i bar e i ristoranti, vedono davvero rosso.

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