Covid, l’identikit dei nuovi malati
Soprattutto giovani e professionisti

Da inizio giugno in provincia solo 97 contagi. Gli ospedali si sono svuotati - 3 Il medico di base: «Ora il sistema dei tamponi funziona. Tanti i debolmente positivi»

Nei primi dieci giorni del mese di giugno a Como e provincia abbiamo contato un centinaio di contagi, 97 per l’esattezza. È un andamento che sembra segnare il lento dissolversi del virus, nemmeno una decina di casi al giorno. Pochissimi di questi pazienti sono finiti negli ospedali. Al Sant’Anna, centro di riferimento per la cura del Covid, si contano solo sei ricoveri di cui uno soltanto da giorni in terapia intensiva. Nessuno a Cantù e nessuno a Menaggio, dove, anche fosse, i positivi verrebbero trasportati tutti a San Fermo della Battaglia.

All’ospedale Valduce non c’è stato nemmeno un caso, neanche un paziente con tampone positivo di passaggio dal pronto soccorso. Zero casi anche a villa Aprica. All’ospedale di Erba dal primo di giugno è arrivata una sola persona affetta da coronavirus. Ma chi sono allora i nuovi contagiati, che non necessitano di ospedalizzazione? Intanto non sono persone anziane, sono in gran parte lavoratori. Sono persone che stanno bene, non hanno sintomi o ne hanno pochi, non tali comunque da dover andare in ospedale. Una percentuale importante di questa coda della prima ondata da Covid è dovuta all’aumento della diagnosi puntuale, soprattutto ai test sierologici.

«Adesso riusciamo a fare in tempi brevi i tamponi ai nuovi casi, ai sospetti e ai parenti – spiega Marco Fini, medico di medicina generale nella città di Como –, con Ats c’è un sistema di prenotazione tale per cui ora aspettiamo uno, massimo due giorni, isolando in fretta il soggetto interessato e i contatti stretti. Non come succedeva all’inizio dell’epidemia quando restavamo senza test anche una settimana, peraltro aggravando le condizioni dei possibili malati. Ora insomma riusciamo a fare bene ciò che il sistema non riusciva a garantire ai primi di marzo. Quanto ai nuovi casi io direi che non si tratta di persone anziane. Le persone più a rischio hanno avuto dei comportamenti encomiabili durante i lockdown e ancora oggi sono molto attente prima di uscire di casa. Prima di aprire la porta ci chiedono un consulto al telefono, assicuro». Dunque sono uomini e donne più giovani.

«Molti nuovi positivi sono professionisti e lavoratori che si sono sottoposti al test sierologico, i più a pagamento – dice Fini – e hanno avuto un esito positivo. Quindi, avendo una produzione di anticorpi ancora in corso, hanno dovuto verificare con il tampone la presenza del virus, con un possibile conseguente contagio. Spesso questi tamponi hanno rilevato solo una debole positività. Una carica bassa. Del resto anche l’espressione clinica del virus si è attenuata. Questa coda non manifesta gravi sintomi, a volte non li manifesta affatto. Perché l’infezione è meno virulenta. Ma anche perché noi arriviamo prima al controllo e prima alle cure».

Siamo più preparati. Occorre pensare che i test sierologici a pagamento sono partiti a rilento al Valduce, nemmeno un centinaio di esami. Ma dalla seconda metà di maggio il Synlab ha effettuato nel comasco 2.126 analisi e nelle prime settimane l’ospedale di Erba soprattutto per le aziende macinava 250 test al giorno.

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